40 anni dopo Che c’è oltre quel giardino? C’è Peter Sellers. L’Oscar dell’eternità all’irresistibile attore perfetto/ Il Riformista

Peter Sellers, attore, maschera, volto di cera, faccia d’impassibile meraviglia, leggenda, mito, citazione vivente. Peter Sellers manca a tutti noi da quarant’anni ormai, tempo incalcolabile. Impossibile stivarlo nel catasto delle meraviglie cinematografiche. Se ne è andato, a Londra. Era il 24 luglio del 1980. Peccato, disdetta, rabbia, amarezza, e ancora rabbia, e anche riso, sarebbe stato meraviglioso, già, davvero impagabile aprire questo nostro piccino ricordo con altre parole non listate al pensiero del lutto, gridando magari al miracolo, parole accompagnate da un suono d’incanto. Esatto, poter comunicare che Peter Sellers evviva! è addirittura risorto. Dunque, non era un trucco, un espediente unicamente comico, un’indicazione degli autori, la scena di Hollywood party dove l’impeccabile suo genio comico veste la divisa e il turbante di un trombettiere indiano, Hrundi V. Bakshi, un soldato, men che graduato di truppa, semplice comparsa, un puntino inavvertibile di una scena in corso d’opera, un generico che dovrebbe venire giù al primo sparo, giù da una collinetta brulla, un dirupo decisamente epico, così in un film in costume, un film di guerra e trovarobato da lancieri del Bengala. E invece, maledetta demente comparsa, quello, l’indiano trombettiere, si ostina a restare ritto in piedi nella leggenda temporanea della pellicola, continuando invitto a produrre quel suo suono insostenibile. Peccato davvero non festeggiare una nuova venuta al mondo di Peter Sellers, che disdetta invece esser costretti a fare i conti con la sua assenza, prendere atto che perfino un comico, sebbene dalla vita travagliata, le mille private incomprensioni in famiglia, a un certo punto della storia deve lasciarci, ritirarsi, dismettere la cornetta. Beninteso, consegnando un tesoretto di figure, maschere, colpi di genio comici, una lunga scia fluorescente di piccoli grandi capolavori, maschere, sì, perfette, e ancora categorie dello spirito comico, valga su tutto il caso di Chauncey Giardiniere, il personaggio-eroe-profeta involontario di Oltre il giardino, capolavoro per definizione, ben più di una semplice pellicola da citare all’occorrenza, un momento esemplare della sua carriera, del suo palmàres, cosa sulla quale torneremo assai presto. Al momento, procedendo cronologicamente, ci sono infatti da ricordare i suoi volti nel Dottor Stranamore di Stanley Kubrick, ora la parodia di un possibile clone di Von Braun costretto su sedia a rotelle, pronto a far spiccare, nei momenti balistici suoi più orgasmici, nuovamente il braccio nel saluto hitleriano, ora, sempre lui, volto di un beota presidente degli Stati Uniti e infine di un compassato e smarrito ufficiale dell’aviazione di Sua Maestà Britannica, pezzi unici di recitazione filmica appaltati al suo volto, alla sua marchera, alla sua presenza apparentemente da semplice travet londinese. Peter nasce 1’8 settembre del 1925 a Southsea, Hampshire, presso una famiglia di attori di varietà… Dimenticavo: sarà anche caporale della Raf, si narra che organizzasse improvvisati spettacoli destinati a intrattenere i colleghi in armi, genere preferito: va da sé, l’imitazione degli ufficiali superiori, una modalità che rimanda al genio di Alfred Jarry, meglio, alla genesi della creazione di Ubu Re, parodia di un insegnante burbero di fisica, e chissà se Sellers sia mai stato sfiorato dal virus fantastico della Patafisica. Di certo, sappiamo che militò nella massoneria, Chelsea Lodge, tessera numero 3098, Gran Loggia Unita d’Inghilterra. I più semplici, il pubblico ordinario, quelli del sabato pomeriggio in sala, probabilmente, lo ricorderanno soprattutto con indosso l’impermeabile un trench chiaro sempre abbottonato dell’ispetto- re Jacques Clouseau alle prese con i crimini della Pantera Rosa, tra beota e inetto, svampito e ottuso, il berretto a cloche calzato sulla testa, ma soprattutto, tornando a casa dopo le fatiche delle molte indagini sempre fallimentari, costretto ad affrontare il domestico cinese Cato Fong, sempre obbligato a tendergli un agguato ogni qualvolta l’ispettore varca, stremato e supplice, l’uscio del proprio appartamento. Perché abbiamo amato così tanto un attore compostamente irresistibile e insieme dalla mimica essenziale quasi da ragioniere del set quale Peter Sellers? La risposta è forse assai semplice, naturale, spontanea, e insieme misteriosa, arcana: l’uomo, il professionista, il personaggio, la maschera di cera, volto così ordinario all’apparenza e in grado tuttavia di mettere in discussione ascissa e ordinata d’ogni ordine esistente, a suo modo restituisce il sogno del perfetto eversore nascosto nell’individuo a prima vista insignificante, inenarrabile nella galleria dei grandi cuori, per niente da includere nella quadreria degli eroi, eppure proprio per questo magnetico. Il miracolo accade appena Sellers fa proprio il meccanismo segreto della gag, come già i sommi interpreti del genere slapstick comedy già, Laurel & Hardy sembrano vegliare su ogni suo gesto in tal senso e ancora quando ci consegna e si concede alla figura del ridicolo Hrundi, l’indiano, la comparsa, il caso umano pietoso che troneggia in Hollywood Party, inconsapevole protagonista di una festa che vedrà pure un elefantino truccato da totem vivente della follia hippy trascinato in piscina tra la schiuma, anche quest’altra inquadratura mobile serve a controfirmare il lato ludico ed eversivo della sua filmografia. Eccoci a Chauncey Giardiniere di Oltre il giardino, forse l’opera più “filosofica” che dobbiamo al suo genio, complice la regia di Hal Ashby. Non è un caso che ancora adesso, quando procedendo a tentoni cerchiamo di dare una risposta al successo e all’esistenza dei molti miracolati che troviamo al mondo e accade perfino nell’ambito politico recente (Bobo Craxi, per esempio, nei suoi tweet, attribuisce la cifra di Chauncey Giardiniere esattamente a un Giuseppe Conte, ovvero della casualità al potere) puntualmente la memoria solleva il moloch di quel Chauncey, il mistero della sua pervicace resistenza al vero senso delle cose, la sua trionfale nullità. Peccato davvero non essere stati in grado di dare per primi la notizia dell’impossibile resurrezione di Peter Sellers, e tuttavia, al di là d’ogni paradosso, siamo in molti a confidare che il suo inarrestabile trombettiere indiano sia ancora lì, il cronometro da sub al polso nonostante si tratti di un set narrante vicende del 1878, lassù in cima alla collinetta brulla di Hollywood-Benares, turbante in testa, a suonare la cornetta della carica, da qui alla consumazione dei secoli nonostante, da copione, dovrebbe venir giù, abbattuto al primo colpo di fucile, che peccato non essere riusciti a premiare con l’Oscar dell’eternità uno come lui.

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