Libri da leggere per mantenere viva la memoria delle vittime della Shoah

Ecco alcuni libri da leggere e far leggere per mantenere viva la memoria delle vittime della Shoah, la piu’ immane tragedia che si sia mai abbattuta sulla umanità. Una ferita che deve rimanere indelebile nei nostri cuori affinchè quello che è accaduto non si ripeta mai piu’.

“A5405. Il coraggio di vivere” di Nedo Fiano. È il 6 febbraio 1944 per Fiano, ragazzo diciottenne, ha inizio una discesa agli inferi che lo porterà prima nel carcere fiorentino delle Murate, poi nel Campo di Fossoli e infine ad Auschwitz. In poco più di un anno, Nedo assiste allo sterminio della propria famiglia: il fratello Enzo con la moglie Lilia e il figlio Sergio, Nella, l’amata madre, e infine Olderigo, suo padre, consumato dalle privazioni e dal lavoro forzato nel lager. Nedo, però, sopravvive. Non solo perché conosce il tedesco, ma perché, nonostante le atrocità e le sofferenze, è capace di aggrapparsi alla vita con tutte le sue forze e mantenere accesa la luce della speranza.

“L’ultimo dei giusti” di André Schwarz-Bart ( 1928-2006)  E’ uno dei primi libri, uscito in Francia nel 1959 (Premio Goncourt) e in Italia nel 1960 (Premio Bancarella),  a raccontare la Shoah, in forma narrativa ma sulla base di una documentazione inoppugnabile, attraverso la storia di una famiglia ebraica, dalle Crociate alla deportazione ad Auschwitz. Il filo conduttore è il legame tra passato e presente, affidato alla Leggenda dei Giusti, uomini che assumono su di sé la sofferenza degli altri (Lamed-waw), rendendone possibile la sopravvivenza in un mondo carico di dolore.

“La stella del mattino” André Schwarz-Bart (1928-2006) E’ l’anno 3000 e l’uomo vive su un’altra galassia, da cui contempla, lontana, la Terra. E proprio su questo pianeta uno storico scopre l’archivio che raccoglie la storia di un piccolo Paese, noto successivamente con i nomi di Giudea, Palestina, Israele, e del popolo che lo ha via via abitato, nei secoli. E il racconto si sposta su un piccolo borgo di Podhoretz, nella Polonia ottocentesca, che un secolo dopo viene invasa dai nazisti e da dove fugge un bambino, Haim Schuster, che si nasconde nel ghetto di Varsavia solo per essere deportato ad Auschwitz… Un’intensa saga famigliare, venata di sense of humour, che racconta con toni luminosi e pacati l’indicibile dell’Olocausto.

“Presto torneremo a casa” di Jessica Bab Bonde e Peter Bergting, una graphic novel svedese differente dalle solite, perfetta per bambini, ideale per ogni età,  ha un piccolo protagonista,  Tobias, che dai 6 ai 9 anni ha vissuto come internato prima in un ghetto e poi in un campo di concentramento; non manca la presenza di un giovane, Emerich, che al termine della guerra aveva 21 ann e pesava 34 chili per 174 centimetri d’altezza e c’è  Elisabeth che vive in un sanatorio. Una narrazione non impegnativa per fatti storici da tenere a mente. Sempre.

“Come e perché ho deciso di essere ebreo” di Olivier Durand. Essere ebreo quando non si è né credenti né “sionisti” è in primo luogo una militanza, un lavoro di memoria. Prendendo le mosse dalla propria vicenda personale, l’autore ripercorre la lunga storia dell’antisemitismo e del razzismo, mettendo in luce quanto la rinuncia alla riflessione sul proprio passato rappresenti il pericolo maggiore per l’umanità..

“Il mio nome è Selma” di Selma van de Perre. Quando nel maggio del 1940 l’esercito del Terzo Reich invase i Paesi Bassi, la vita di Selma – spensierata studentessa ebrea diciottenne – cambiò per sempre. All’occupazione nazista, infatti, fece immediatamente seguito la persecuzione crudele e sistematica degli ebrei. Allontanati dai luoghi di lavoro, spogliati di ogni diritto e proprietà, braccati dalla Gestapo, dalla polizia collaborazionista e dai tanti delatori, in migliaia furono deportati nei campi di sterminio, pagando, fra tutte le comunità dell’Europa occidentale, forse il prezzo più alto della Shoah.



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