Palazzo Giustiniani, il Cds respinge la richiesta di “sfratto” dei massoni: decide il Giudice Ordinario/ NT PLUS SOLE24ORE

di Francesco Machina Grifeo

17 Novembre 2022

Il Consiglio di Stato boccia l’appello di Urbs che lamentava l’inadempimento del Lodo Spadolini sulla concessione di spazi per un museo della massoneria

Sarà un giudice ordinario e non amministrativo a decidere se l’occupazione di Palazzo Giustiniani da parte del Senato della Repubblica, che vi ha posto la sede di alcuni prestigiosi uffici come l’appartamento del Presidente o la Sala Zuccari, sia “abusiva” come sostiene la società Urbs. Secondo la ricorrente l’immobile sarebbe stato illegittimamente sottratto dal regime fascista di Mussolini al Grande Oriente d’Italia.

La massoneria infatti vi aveva posto la propria sede sin dal 1901 sotto la Gran Maestranza di Ernesto Nathan, futuro Sindaco di Roma, tuttavia nel 1926 dopo diversi assalti squadristi lo Stato (“le milizie squadriste – si legge nella decisione – assaltarono Palazzo Giustiniani il 7 agosto 1924, il 13 e 15 settembre 1924 e il 31 ottobre 1924, finché, il 5 novembre 1925, l’edificio venne occupato”) lo acquisì al demanio pubblico. L’Obbedienza massonica, a seguito dell’esproprio, si trasferì poi a Villa il Vascello.

Il Consiglio di Stato, sentenza 13 ottobre 2022 n. 9171, ha dunque respinto il ricorso dei massoni contro la sentenza del Tar Lazio n. 13218 del 21 dicembre 2021, che aveva già dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.

I ricorrenti, per una verso, affermano che gli atti di transazione e vendita del 13 giugno 1927 devono essere considerati nulli “per vizio di consenso a causa di violenza“, con l’effetto della restituzione del bene immobile alla Srl; per l’altro, che il cd “lodo Spadolini”, firmato il 14 novembre 1991, dall’allora Presidente del Senato, contenente un ulteriore contratto di transazione, non sarebbe mai stato attuato “prevedendosi che una parte di Palazzo Giustiniani sarebbe stata concessa in uso alla società per essere destinata ad ospitare il museo storico della massoneria italiana”.

Per i giudici di Palazzo Spada la società nell’affermare il suo diritto di proprietà su Palazzo Giustiniani disconosce “qualsivoglia valore giuridico agli atti normativi, amministrativi e negoziali che, tra il 1925 e il 1927, ne avrebbero sancito – almeno, formalmente – il passaggio di proprietà allo Stato”. In particolare, prosegue, la società “ha completamente obliato le conseguenze, sul diritto di proprietà dell’immobile, derivanti dal consolidamento degli effetti giuridici della transazione del 1927 a tutt’oggi pienamente valida ed efficace“.

Inoltre, il Cds richiama sul punto la giurisprudenza di Cassazione secondo cui pur in presenza dell’impugnazione di atti amministrativi di aggiudicazione del fondo il relativo giudizio “ancorché promoss[o] sotto il profilo della illegittimità dei provvedimenti con cui l’ente pubblico ha disposto l’indicato successivo trasferimento, spetta alla cognizione del giudice ordinario, e non a quella del giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità, atteso che investe posizioni di diritto soggettivo – cioè il diritto di proprietà e la relativa titolarità che discendono da rapporti di natura privatistica e che non sono suscettibili di degradazione od affievolimento per effetto dei suddetti provvedimenti“. Relativamente alla domanda proposta in via principale “va dunque affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, confermandosi, con diversa motivazione, la relativa statuizione della sentenza di primo grado”.

Anche riguardo alla domanda subordinata relativa al “lodo Spadolini” le deduzioni sono infondate. Infatti, malgrado la qualificazione della fattispecie prospettata dalla società, il Collegio afferma che in assenza di un procedimento, in relazione al quale configurare la presenza di accordi integrativi o sostitutivi di un provvedimento, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia concernente l’asserito inadempimento del Senato della Repubblica a una transazione stipulata per disciplinare l’uso dell’immobile in cui sono ospitati uffici del Senato della Repubblica.

L’accordo, spiega il Collegio, scaturisce dai complessi rapporti che, nel corso degli anni, sono intercorsi fra il Senato e la società che tuttavia “si pongono come meri presupposti fattuali dell’atto stipulato, che deve essere qualificato come vero e proprio contratto di transazione, finalizzato a ‘porre fine’ alle controversie già in atto e a prevenire quelle che ancora sarebbero potute insorgere fra le parti”.

E le pattuizioni in esso contenute e, specialmente, l’art. 5, contrariamente a quanto evidenziato dalla società, non perfezionano l’insorgere di un rapporto concessorio riguardante l’uso dei locali di Palazzo Giustiniani da adibire a museo storico della massoneria, ma prevedono, testualmente, che “L’amministrazione delle finanze prende atto della determinazione del Senato a consentire, con apposita convenzione, alla società U.R.B.S. l’uso di una limitato porzione dei locali dell’immobile rilasciati ubicati al piano terreno ed al piano ammezzato…per destinarli a sede del Museo storico della Massoneria italiana…“; quasi una dichiarazione d’intenti tra le parti del contratto di transazione da finalizzare, successivamente, con l’emanazione del provvedimento di concessione e la stipulazione del relativo accordo accessivo, e certamente non coercibile, così come domandato dall’appellante, ai sensi dell’art. 2932 del codice civile.



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