La storia dimenticata. L’appello di Bisi sul XX settembre non cada nel vuoto/Il Tempo

di Riccardo Mazzoni

L’appello di Bisi sul XX settembre non cada nel vuoto LA STORIA DIMENTICATA L’appello di Bisi sul XX Settembre non cada nel vuoto DI RICCARDO MAZZONI Nella ricorrenza del XX Settembre, che il Grande Oriente d’Italia celebra da sempre come data fondante della storia dell’Italia e di Roma, il Gran Maestro Stefano Bisi ha inviato una lettera alla premier Meloni, dandole atto che nel corso del tempo ha reso onore con dichiarazioni ufficiali ai bersaglieri che parteciparono alla Breccia di Porta Pia nel 1870. «Ora che è presidente del consiglio dei ministri scrive il Gran Maestro auspichiamo che possa rompere la congiura del silenzio che pare essersi abbattuta su questa data», abolita con la firma dei Patti Lateranensi, «una data identitaria della nostra patria insieme al 25 aprile, Festa della Liberazione, e al 2 giugno, Festa della Repubblica». In effetti il XX Settembre, nella memoria storica del nostro Paese, è una data quasi completamente dimenticata: eppure il più importante evento del tormentato cammino verso l’Unità fu compiuto proprio quel giorno, per cui è giusto ricordare, soprattutto alle nuove generazioni, l’iter legislativo che la dichiarò dal 1895 al 1930 festa nazionale: la prima proposta di legge per elevare il XX Settembre a solennità civile fu presentata nel maggio 1889, la seconda nel dicembre del ’91, la terza nel ’95 e fu approvata dalla Camera al termine di un dibattito molto acceso, a cui partecipò lo stesso presidente del consiglio Crispi, e in cui prevalse la tesi che il XX Settembre «è data non solamente italiana, ma universale», perché segna la «caduta del potere temporale» della Chiesa e quindi la «chiusa di un’era». Crispi avvertì che la bocciatura della legge sarebbe stata «un’offesa alla coscienza nazionale», perché avrebbe prodotto «una triste impressione» sia in Italia che all’estero. La proposta di legge passò poi al Senato, dove i favorevoli ricordarono che il popolo italiano già festeggiava ogni anno spontaneamente quella data, e che mai legge dunque sarebbe stata più popolare. Applauditissimo l’intervento del senatore Carducci, che ne auspicò l’approvazione all’unanimità «obbedendo alla coerenza storica del nostro Risorgimento». E aggiunse: «L’Italia ha il dovere di celebrare il XX settembre, non per affermare un diritto, ma per riaffermare l’alleanza fra la rivoluzione e la tradizione, fra la democrazia e la monarchia» e per commemorare perennemente «quel giorno in cui l’Italia poté riabbracciarsi alla sua alma Roma, non imperiale, non papale Roma italiana, Roma intangibile; intangibile in nome dell’Italia, della libertà, della scienza». Alla fine la proposta fu approvata a larga maggioranza, con 87 voti favorevoli e 28 contrari. Poi, durante il regime fascista, l’elenco delle feste nazionali e delle solennità civili subì varie modifiche, e Mussolini presentò il 24 novembre 1930 un disegno di legge in cui sancì il riconoscimento del 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma, come festa nazionale, il riconoscimento del 23 marzo, anniversario della fondazione dei Fasci di combattimento, come solennità civile, la soppressione del 20 settembre come giorno festivo e la previsione dell’Il febbraio, data della firma dei Patti lateranensi, come solennità civile. Quando cadde il regime, tutte le date simbolo del fascismo furono ovviamente abrogate, ma il 20 Settembre fu comunque relegato nel limbo della storia, per volere dei Padri Costituenti che, con la ferma opposizione del Psi di Nenni, ma col parere favorevole del Pci di Togliatti, preferirono non riaprire col Vaticano la spinosa «questione romana» e votarono l’articolo 7, quello che regola i rapporti tra Stato e Chiesa: non esiste quindi alcuna celebrazione ufficiale che ricordi quella data, né un francobollo, né una lapide, né un monumento sotto cui apporre una corona, né una manifestazione per rendere omaggio ai Caduti di quell’impresa. Nell’immaginario collettivo restano solo le immagini dei Bersaglieri che irruppero a Porta Pia. Ogni anno sono ormai pochi laici, tra cui il Grande Oriente d’Italia, a ricordare l’importanza di questa data come festa dell’unità nazionale, e non sono certo sufficienti le vie XX Settembre, di cui soprattutto i giovani ignorano il significato, ad illuminare questa data fondante della storia d’Italia. L’appello alla premier del Gran Maestro Bisi è quindi un doveroso memento, che è auspicabile non cada ancora una volta nel vuoto. @RIPRODUZIONE RISERVATA



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