Libri.In quelle pagine di vita triestina ci sono Lady Hamilton e i massoni/Il Piccolo

“I nostri nonni”, uno spaccato avvincente della società fra 1800 e 1830

Una scuola media a Valmaura e una stretta salita che dal rione di Barriera porta a San Giacomo. Oggi Trieste ricorda così, con queste due intitolazioni, Giuseppe Caprin (1843-1904), scrittore, giornalista, editore-stampatore, collezionista e pittore. Una maniera forse un po’dimessa per ricordare un personaggio che nel secondo Ottocento animò la vita culturale della città e tanto si diede da fare per studiare e valorizzare la storia locale: con il suo carattere poliedrico si impegnò in numerose attività, combatté con Garibaldi, fondò giornali e riviste, si avvicinò alla massoneria, ricevette per due volte il premio municipale di storia patria istituito da Domenico Rossetti e frequentò grandi personalità come Giosuè Carducci, Matilde Serao e Edmondo De Amicis. Tra le decine di libri che scrisse ce n’è uno che meriterebbe di venir riscoperto per la quantità di informazioni e curiosità che riguardano le vicende della nostra città accadute duecento anni fa: si intitola “I nostri nonni Pagine della vita triestina da11800 al 1830” e venne pubblicato ne11888 nello stabilimento tipografico Caprin, creato dallo stesso autore, e successivamente riproposto in stampa anastatica dalle storiche Edizioni Italo Svevo ne11973. Fin dalle prime righe il racconto profumato d’altri tempi risulta godibile e avvincente: “Io ricordo spesso di aver passato parte della mia prima giovinezza in una piccola casetta, al sommo del colle di San Vito, sulla cui facciata sei palle di cannone, quasi incastonate nella pietra viva, narravano, meglio di una epigrafe, l’episodio della dominazione francese. Quel tempo, quel paesaggio, quella gente sono un così inalterato ricordo, che, quando mi si riaffaccia, credo di guardare oltre alla lente di un diorama…” Caprin, con una personale lettura romantica dei fatti, apre uno scrigno da cui il primo personaggio a saltar fuori è nientemeno che Lord Byron: secondo l’autore triestino il grande poeta avrebbe soggiornato per un periodo in una villa che da San Vito guardava verso Servola, prima di partire alla volta della Grecia. Prosegue con la parentesi cittadina di un altro grande scrittore, Charles Nodier, che a Trieste, città che lui definì “un cesto di fiori posato sopra uno scoglio”, immaginò la trama per il suo romanzo “Jean Sbogar”, e passa poi a narrare dell’arrivo dell’ammiraglio Nelson e della sua amante Emma, la leggendaria Lady Hamilton: i due alloggiarono alla locanda Aquila imperiale situata nella dogana vecchia e lei, in giro per la città su una carrozza di gala, suscitò invidia e disapprovazione per la bellezza sfacciata e perla fama che la precedeva. Il libro di Caprin affronta le avventure imprenditoriali ed economiche di Trieste, dal tracollo della Compagnia Orientale al successo di figure come Taddeo Reyer e Demetrio Carciotti, dall’importanza degli istmi di Panama e Suez all’allargamento costante della città. Spazio anche ai luoghi che diventano popolari a inizio Ottocento tra la borghesia giuliana: l’Acquedotto è la scena in cui sfilano i personaggi alla moda, il Boschetto accoglie la gioventù galante in cerca di angoli ameni in cui amoreggiare, il primo stabilimento balneare galleggiante allestito nel golfo il Soglio di Nettunoattrae visitatori perfino dalla Germania, i teatri sono talmente tanti che vengono aperte anche arene diurne. Riflettori puntati su Elisa Baciocchi, sorella di Carolina Bonaparte Murat, che era riparata a Trieste col marito dopo il disastro di Waterloo. Caprin non fa sconti nel descrivere la Baciocchi: “Grossa e massiccia come un cannoniere, punto bella, aveva maschia fisionomia, aspetto di forte virilità, talché pareva un uomo vestito da donna; la voce grossa, il gestire imperioso, una eloquenza facile e presuntuosa che si era nutrita nel salone di Luciano Bonaparte (fratello minore di Napoleone e Carolina, ndr)” . L’autore esterna le sue simpatie per la massoneria raccontando di una loggia stabilitasi nel 1785 nel borgo Teresiano; ne11805 le logge in città erano due e il direttore di polizia tentò più volte, ma invano, di sorprendere le “fratellanze misteriose”. Pare che il ricco industriale Carlo Luigi Chiozza, a cui furono tributati funerali massonici, appartenesse a una setta che vendeva l’anima al diavolo ma la massoneria, continua Caprin, fu più tardi tollerata. Le pagine del libro “I nostri nonni” sono un approfondimento di una conferenza tenuta da Caprin per il Gabinetto di Minerva nel dicembre 1887 nella sala della Società Filarmonico-Drammatica: in seno a questa accademia triestina di scienze e lettere era sorto un club di lettura popolare a cui il nostro si era dedicato instancabilmente. Della storia e delle vicende cittadine l’autore tende a dare un’interpretazione di tipo poetico con l’intento quasi di farne un’opera d’arte, dimostrando la sua viva attenzione per i fatti di costume e le tradizioni popolari, espressione del profondo affetto che nutriva per la sua terra nonché del suo radicato sentimento di italianità. Figlio di un operaio, Giuseppe Caprin aveva studiato all’accademia del commercio ed era stato presto attratto dal giornalismo. Dopo aver lavorato nello stabilimento tipografico del Lloyd Triestino, fondò diverse riviste come Il Pulcinella, L’Arlecchino e Il Pulcinella del Popolo in cui al divieto di trattare di politica ovviava con mille astuzie ed espedienti. Nel 1866 si arruolò a Bari nelle file garibaldine e a Bezzecca venne gravemente ferito. Ristabilitosi, nonostante allettanti offerte di lavorare altrove, tornò a Trieste beneficiando di un’amnistia impegnandosi con gli irredentisti della corrente democratica. Entrò a far parte della redazione del quotidiano liberale di Trieste Il Cittadino. Nella sua abitazione a San Giacomo, fornita di una ricca biblioteca, ricreò fra l’altro una “sala veneta” di eccezionale splendore valendosi dei preziosi oggetti d’arte che amava collezionare. Animatore di molte associazioni culturali, fu anche un editore attento, aiutato in questo dalla lunga esperienza tipografica. Giuseppe Caprin (Trieste, 16 maggio 1843 15 ottobre 1904) fu scrittore, giornalista e patriota. Combatté con Garibaldi e fu ferito a Bezzecca. “I nostri nonni” di Giuseppe Caprin Edizioni Italo Svevo anastatica 1973 Maestro d’arte grafica Giuseppe Caprin pubblicò la “Collana della Venezia Giulia”, otto volumi illustrati con disegni e fotografie che rappresentano un eccellente contributo al progresso dell’arte grafica. Insieme a “I nostri nonni”, questi libri di storia patria evidenziano le sue qualità di storico e letterato innamorato della sua terra: “Marine istriane”, “Lagune di Grado”, “Pianure friulane”, “Alpi Giulie”, “Tempi andati” (il seguito di “I nostri nonni”), “Il Trecento a Trieste” e “L’Istria nobilissima”, opera incompiuta che portò a termine la vedova, Caterina Croatto, sua preziosa collaboratrice. Scrisse anche il dramma storico “II regno di Luigi XVI” ma non gli fu permesso di rappresentarlo. Il figlio Giulio, anch’egli giornalista e scrittore, fu per anni redattore del Corriere della sera con Io pseudonimo di Panfilo. (di CORRADO PFtEMUDA)



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *