“Il senso delle cose” e il confine tra il vero e il falso secondo il fisico e nobel americano Feynman

A un uditorio che si presume esilarato Richard Feynman (1918 – 1988) , uno dei più grandi fisici teorici della storia,, premio nobel 1965 per i suoi studi sull’elettrodinamica quantiistica, in modo brillante lancia attraverso questo libro dal titolo “Il senso delle cose” (tradotto da L. Servidei edito da Adelphi) le sue provocazioni intellettuali, spiegando col suo stile immediato e antiretorico in che consiste il metodo scientifico; mostrando, ad esempio, come sovente un’ipotesi da “quasi certamente” falsa possa diventare “quasi certamente” vera. O viceversa. Nel “quasi” è il succo di tutto il suo argomentare, un misto accattivante di vera-falsa ingenuità e di spietata astuzia analitica che lo porta a vagabondare al di fuori della fisica, nelle regioni di confine, dall’etica alla religione alla politica, a chiedersi il perché delle cose, della vita, di tutto, mosso da una curiosità insopprimibile, fanciullesca.



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