IL MAESTRO MANZI CHE EDUCÒ L’ITALIA ANALFABETA PER DUEMILA LIRE/ 7 Corriere della Sera

Ormai era tutto pronto, titolo compreso, Non è mai troppo
tardi: la neonata televisione stava unificando l’Italia e la Rai del
aglio voleva compiere l’opera, dare un colpo all’analfabetismo
visto che in quell’Italia che andava cambiando vorticosamente
ancora 4 milioni di persone non sapevano leggere e scrivere,
e avviare anche, per quanto possibile, una koinè linguistica.
Tutto pronto dunque, ma il maestro conduttore non si trovava.
Tutti quelli che facevano il provino venivano respinti. In
zona Cesarini entra in studio un quasi giovanotto bruno di
modi blandamente assertivi, maestro in una elementare di
Roma. Tralascia i.l copione, vuole improvvisare e, dopo
aver chiesto cartoncini, pennarelli e fogli di carta molto
grandi, partì con le vocali, una bella “o” e tanti disegni
a gessetto. E dall’oltretomba dei tortuosi meandri
Ra i una voce disse: «L’abbiamo trovato. È
quello buono. Mandate a casa gli altri».
Il problema era tenere davanti alla tv gente
che doveva imparare a leggere e scrivere, facendo
notevoli sforzi. Tutto si giocava sulla
differenza fra invogliare e insegnare, argomentava
Manzi, andando al cuore della buona
istruzione. Così, riuscì a entrare nel cuore
e nella mente di tanti, guardando negli occhi
una vastissima classe di invisibili. Il corso di
istruzione popolare per adulti analfabeti, in
onda prima di cena, raccoglieva gente che tornava
da campi e fabbriche. Andò avanti fino
al 108 e alla fine saranno quasi un milione e
mezzo le persone che attraverso la trasmissione .,j
conseguiranno la licenza elementare. Un colpaccio
per la Rai. II programma fu riprodotto in 72 Paesi.
Pioniere dell’educazione di massa e antesignano di tutte le didattiche
a distanza, il Maestro era un cortese signore che quasi
si commuoveva quando chiamava alla lavagna una donna di 82
anni, che ne dimostrava zoo per la fatica della vita, e che dopo
due mesi di studio poteva leggere con composta soddisfazione
Nella botte c’è buon vino, nella notte c’è un lumino… guardare,
per credere, sul sito Centro Alberto Manzi dove si trovano vari
video del tempo. Ma dietro alla neo catodica cortesia del Maestro,
presto idolo nazionale, c’era una figura complessa con un
mantra di vita: «Infilare le dita nelle piaghe del mondo era
vietato, quindi mi attirò subito». Diviso fra due passioni,
quella di capitano di lungo corso (in guerra è sui sommergibili
della Marina italiana) e la pedagogia, opta
per la seconda e debutta nel carcere minorile Gabelli
dove nello scetticismo generale impone un
esperimento di didattica pilota: una volta usciti,
solo 2 su 94 dei suoi ragazzi sono rientrati in
prigione. Una vocazione di pedagogista indipendente
dai vincoli del tempo che il massone
Manzi non abbandonerà mai: in Rai
non era molto ben visto per la sua awersione
alla burocrazia e riceveva soltanto duemila
lire: non come compenso ma come rimborso
camicia, per i danni del gessetto scuro.
E anche dopo, quando tornerà all’insegnamento,
si rifiuterà di assoggettarsi alle
schede di valutazione, inventandosi un timbretto/
giudizio uguale per tutti: Fa quel che
può. Quel che non può, non fa. Disobbedienza
che gli costa una sospensione. Muore a Pitigliano,
dove era diventato sindaco, il 4 dicembre 1997.
DAL 1960 AL `68, IL SUO CORSO DI ISTRUZIONE POPOLARE IN TV
PORTÒ 1,5 MILIONI DI ADULTI ALLA LICENZA ELEMENTARE
C) RIPRODUZIONE



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *