Il libro di Luca Gatti. Il mito di Mario Angeloni, storia del primo antifascista martire della guerra civile spagnola/Il Riformista

Suppongo che nessuno di voi abbia mai sentito nominare Mario Angeloni, figura luminosa dell’antifascismo e uno dei grandi eroi dimenticati del ‘900 (chi è stato a Perugia conosce però via Angeloni, che dalla stazione porta al centro storico). Il suo nome è legato soprattutto a un episodio cruciale della Guerra Civile spagnola, la prima battaglia della cosiddetta Colonna Italiana (o Ascaso) di cui era comandante militare, sul Monte Pelato, nei pressi di Huesca, nel corso della quale venne ucciso.

Cedo la parola a Umberto Calosso, socialista anche lui volontario nella Guerra Civile spagnola, che nel 1951 scrive sul Mondo: «Non è vero che la democrazia italiana sia entrata nella guerra di liberazione tardi e al seguito degli alleati: la democrazia italiana aveva avuto il suo primo fatto d’armi il 28 agosto 1936, giorno della prima battaglia della Colonna italiana, […] e alcuni anni prima che Francia, Inghilterra e Stati Uniti intervenissero contro il nazi-fascismo, e alcuni mesi prima che la Russia decidesse di appoggiare la resistenza internazionale di Franco». In un paese diverso quella data potrebbe diventare perfino festa nazionale, anche perché si tratta di un evento in alcun modo “divisivo”: la Colonna Italiana, un gruppo misto formato da circa 150 combattenti (giellisti, anarchici, socialisti, comunisti, etc.), è stata una delle prime unità di volontari stranieri che hanno combattuto nella Guerra Civile contro i nazionalisti golpisti in difesa della legalità repubblicana. Insomma: non può esservi dubbio su chi fossero i buoni e i cattivi.

Mario Angeloni è dedicato Trentasei (Bertoni) di Luca Gatti, un romanzo storico – fondato su un’accurata ricostruzione – e di impegno civile (ha vinto il premio “Fulgineamente” di Foligno), e al tempo stesso una vivace narrazione epico-sentimentale che abbraccia il periodo che va dalla Belle Epoque appunto al 1936. Gatti, insegnante 45enne, non ha inventato nulla tranne l’io narrante, Bixio Pedersoli, musicista e paroliere di una certa fama, che nel 1980 ha il compito di commemorare Angeloni a Perugia (insieme a Randolfo Pacciardi e ad altri commilitoni di quegli anni). Questo è l’incipit del romanzo, che poi si apre su un lungo flashback che ci porta indietro al 1913, quando Pedersoli da Leonessa giunge a Perugia per iscriversi alla facoltà di giurisprudenza. Qui conosce Angeloni, un giovane brillante e pieno di fascino, grande sportivo e incline allo studio: «Aveva i capelli leggermente lunghi e con la scriminatura a destra. Le maniche della camicia erano arricciate come se sentisse un gran caldo, e il tessuto doveva essere particolare perché sembrava brillare…». Grazie a lui e alla bellissima Italia scopre i nuovi ritmi americani, «improvvisazioni fino a quel momento sconosciute, progressioni armoniche, lontane da quelle classiche della canzone italiana».



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