Il biennio nero ‘92-93 raccontato a chi non c’era

Per il Grande Oriente d’Italia il biennio ‘92-93 è stato davvero nero. Quello che è successo, dalle perquisizioni e sequestri ordinati dal procuratore Agostino Cordova alla fuga del gran maestro Giuliano Di Bernardo, è raccontato nella pubblicazione di Stefano Bisi, edita da Perugialibri. Riportiamo l’ultima parte del volume, quella che riguarda la rocambolesca uscita di scena dell’allora gran maestro.

Ma le vicende del ’92 hanno una prosecuzione nell’anno successivo. Sulla comunione massonica storica le conseguenze sono pesanti. Il 13 apri- le Di Bernardo lascia la guida del Grande Oriente d’Italia. Trascorso del tempo, Di Bernardo inizia a esternare gravi dichiarazioni in danno del de- coro e della immagine della Comunione che già allora avrebbe meritato tutela in sede giudiziaria.

Il confronto indiretto in Tribunale avviene solo nell’estate e autunno del 2019 dopo che, di fronte all’ennesimo attacco diretto al Grande Oriente d’Italia, dico che quelli di Giuliano Di Bernardo sono “ricordi a scoppio ritardato” perché durante le prime fasi dell’inchiesta Cordova l’allora Gran Maestro, almeno pubblicamente, non aveva usato le stesse espressioni. Di Bernardo mi querela per diffamazione pluriaggravata. Insieme agli avvocati D’Ottavio e Federico decido di farmi ascoltare dal pubblico ministero Francesco Dall’Olio titolare del fascicolo. Il 2 agosto fa caldo a Roma, ma in giacca e cravatta, alle 12.10 ci presentiamo in piazzale Clodio davanti all’ufficiale di polizia giudiziaria delegato all’interrogatorio dal pubbli- co ministero. Mettiamo sul tavolo una montagna di documenti raccolti dai due avvocati e comincia l’interrogatorio. Riguardo all’espressione “ricordo a scoppio ritardato”, che Di Bernardo mi contesta dicendo di avere esattamente riproposto nel 2014 e nel 2017 le stesse dichiarazioni rilasciate a Cordova nel 1992 – grazie al lavoro certosino dei nostri avvocati – riesco a dimostrare il contrario. In- fatti dall’esame dei verbali delle deposizioni rese da Di Bernardo a Cordova e ai successivi sostituti procuratori che si sono occupati dell’inchiesta avviata nel ’92, si rileva che lo stesso non ha mai fatto cenno al tema delle infiltrazioni mafiose nellelogge calabresi del Grande Oriente d’Italia. Inoltre, le esternazioni pubbliche di Di Bernardo, fatte prima e dopo l’uscita dal Vascello, escludono detti (inesistenti) fenomeni infiltrativi. Il tutto è dimostrato da verbali, querele e ritagli di giornale scovati dagli avvocati D’Ottavio e Federico. Ma c’è un altro punto che non va giù a Di Bernardo. È avergli ricordato che è stato “a suo tempo fratello coperto come da sua esplicita richiesta scritta”. Il termine “coperto” era stato usato nella accezione adottata dallo stesso Di Bernardo nella domanda a sua firma fatta ai tempi in cui era docente della facoltà di Sociologia dell’Università di Trento.

L’interrogatorio dura un’ora. Non resta che attendere la decisione del pubblico ministero e del gip che dovrà poi decidere se archiviare la querela o rinviarmi a giudizio. L’11 settembre del 2019 il Sostituto Procuratore Dall’Olio chiede l’archiviazione con questa motivazione: “All’esito della espletata istruttoria non sono stati acquisiti oggettivi e adeguati elementi di riscontro all’ipotesi accusatoria al fine di un corretto e proficuo esercizio dell’azione penale con particolare riguardo ad un positivo esito dibattimentale. In particolare debbono ritenersi non prive di fondamento le argomentazioni fornite dall’indagato in sede di interrogatorio a seguito di avviso ex articolo 415 bis del codice di procedura penale e della produzione di articolata memoria difensiva con allegazione documentale, dalla quale è possibile desumere la insussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 593 comma 3 del codice penale apparendo rispettati i canoni della verità, rilevanza e continenza delle dichiarazioni dell’indagato”. Il Giudice per le Indagini Preliminari Nicolò Marino ha poi archiviato definitivamente la querela “ritenuto che la motivazione della richiesta è pienamente condivisibile alla luce degli atti presenti nel fascicolo del pm (e pertanto le motivazioni ivi esposte possono essere integralmente richiamate in questa sede”.

Alle esternazioni di Di Bernardo ha fatto riferimento anche l’attuale Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Nicola Morra (n.d.a. Era in carica al momento della pubblicazione del libro), che con grande onestà intellettuale, ha inteso chiarire con un comunicato stampa che “non ha inteso affermare che la Commissione Antimafia da lui presieduta ha accertato rapporti tra ’Ndrangheta e Grande Oriente d’Italia, avendo egli voluto, piuttosto, riferirsi alle dichiarazioni rese da Giuliano Di Bernardo nel processo, ’ndrangheta stragista, che afferivano fatti asseritamente risalenti al 1992,anno in cui egli era Gran Maestro, e non a periodi successivi e attuali”.

Gli esiti trancianti dei procedimenti giudiziari avviati a seguito della querela di Di Bernardo e della citazione per danni proposta da Cordova passano al “capitolo delle memorie” il ’92-93, il biennio nero della massoneria italiana. Ma quello che “non ammazza ingrassa” dicevano gli anziani a proposito del cibo che non andava gettato via. E il Grande Oriente d’Italia non è stato ucciso, ha resistito ed è cresciuto.

Nel 2000, nel 2019 e nel 2021 tre provvedimenti della magistratura italiana gli hanno dato ragione. “Il tempo è galantuomo” si usa dire. Non è proprio così. Le perquisizioni all’alba, le notti insonni per le preoccupazioni, i danni morali e materiali non sono risarcibili. Le ferite restano. Proviamo a dar loro la forma del sorriso, perché la verità non va in prescrizione.



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