Il 12 e 13 maggio 1974 l’Italia votó a favore della legge sul divorzio che porta i nomi dei massoni Loris Fortuna e Antonio Baslini

Esattamente il  12 e 13 maggio di 50 anni fa gli italiani andarono alle urne per votare il referendum abrogativo della legge sul divorzio entrata in vigore il primo dicembre 1970 e che porta i nomi dei due fratelli che la elaborarono Loris Fortuna e Antonio Baslini. Alla consultazione popolare, la prima del genere indetta in Italia su iniziativa della Dc di Amintore Fanfani parteciparono l’ 87,7% dei cittadini aventi diritto. I risultati, comunicati in diretta televisiva, fecero scoprire un’Italia laica che aveva scelto la libertá di scioglimento del matrimonio che era stato uno dei cavalli di battaglia della Massoneria fin dall’Ottocento e tra le mission più difficili da realizzare per l’intellighentia italiana che si batteva per affermare i principi di libertà, di coscienza e di opinione in tutti i settori del vivere civile.

Una strada lunga e impervia, che vide schierati in prima fila grandi figure di liberi muratori. Fu proprio un fratello salentino, il deputato Salvatore Morelli, a presentare al Parlamento italiano nel 1878 la prima proposta di legge  sul divorzio. Da tempo Morelli si occupava di problemi sociali ed in particolare di quelli riguardanti la famiglia. La sua iniziativa non ebbe successo, ma senza scoraggiarsi la ripresentò due anni dopo, nel 1880, ottenendo un risultato parimenti negativo.

Dopo la sua morte, avvenuta nello stesso anno, il divorzio trovò altri sostenitori. Il comitato promotore del Goi Nel 1890 nacque nell’ambito del Goi un “comitato promotore della legge sul divorzio” tra i cui esponenti figurava Giuseppe Zanardelli, più volte ministro e di lì a poco Presidente del Consiglio. La lotta per arrivare a questa breccia nell’ordinamento familiare sarebbe stata lunga, ci sarebbero voluti 80 anni, ma alla fine sarebbe andata in porto. Fu intanto necessario arrivare al 1902 perché si avesse l’impressione che una legge divorzista stesse realmente prendendo forma. Infatti in quell’anno il governo Zanardelli presentò un disegno di legge che prevedeva il divorzio in caso di sevizie, adulterio, condanne gravi ed altro, ma anche questa volta il disegno di legge fu affondato con 400 voti sfavorevoli contro 13 a favore.

Poi la prima guerra mondiale fece dimenticare ogni cosa. Nel 1920 ci fu battaglia fra i socialisti e il Partito Popolare Italiano, cioè i cattolici. Più tardi Benito Mussolini, coi Patti Lateranensi, si pronunciò contro e dovettero passare molti anni prima che la legge s tornasse al centro del dibattito politico e il primo dicembre 1970 venisse introdotta nel nostro ordinamento con il n. 898, il titolo “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”. Fu un grande risultato e forse segnò l’inizio di una trasformazione sociale del Paese, ma ovviamente la strada da percorrere rimaneva ancora lunga, perché l’Italia cattolica, quella antidivorzista, non si volle rassegnare; chiese il referendum, affinché fossero direttamente i cittadini ad esprimere le loro volontà.

Ci vollero più di tre anni per andare a votare, ma dopo aver depositato alla Corte di Cassazione, 1 milione e 300 mila firme, il 12 maggio 1974 l’Italia si recò alle urne per decidere se cancellare o meno la Legge Fortuna-Baslini. Al referendum, che finora ha raggiunto il maggior quorum d votanti, partecipò l’87,7 percento degli italiani aventi diritto. La legge, grazie a quasi il 60% dei no, pari a 19 milioni di italiani, restò in vigore.



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