Bolzano. Concluso il ciclo di riflessioni sul silenzio, il simbolo, la tradizione pitagorica

Si è tenuta venerdì 13 aprile, alla casa massonica di Bolzano, la tornata conclusiva di un breve ciclo di riflessioni sul silenzio, il simbolo e la tradizione pitagorica, che ha visto protagonisti alcuni fratelli della Castrum Majense n.216 all’Oriente di Merano. Per chi come me, ha ricordato il fratello Anselmo Niglio, è ragionevolmente convinto che il percorso massonico sia un percorso di conoscenza nel senso più ampio del termine e che, all’origine di questa conoscenza vi sia proprio il pensiero filosofico e pitagorico in particolare, troverà in Pitagora e nel pitagorismo, quella fonte “preziosa e imprescindibile” da cui la storia latomistica presumibilmente ha avuto inizio. Siamo nel VI sec. a.C., in un’epoca di trasformazioni politiche e sociali, che si situa tra il crollo delle antiche monarchie descritte nei poemi omerici e il sorgere delle città-stato democratiche: della polis. Epoca che incarna quella voglia di “uguaglianza elitaria”, a suo modo aristocratica, fondata ed edificata per la prima volta mettendo al centro “l’uomo e il suo essere nel cosmo”, di cui Atene è l’esempio più noto. In questo periodo travagliato “i culti Orfici” rappresentano un anelito di “libertà religiosa” per quegli spiriti intellettualmente assettati di conoscenza. Ed è proprio quest’arsura dell’anima, questa voglia umana di conoscenza “spirituale”, che alimenta la tradizione pitagorica e tutte quelle filosofie dell’essere che fanno di “un principio regolativo di natura etico-morale trascendente” un fattore di identità e orgogliosa appartenenza. Un principo regolativo di natura etico-morale trascendente, tra l’altro non esclusivo, perché rivolto a uomini che: di varia estrazione sociale, politica e religiosa, abbiano l’onestà intellettuale e la ferma convinzione di non rivedicarne in nessun modo l’assoluta conoscenza. Una particolarità della ricerca pitagorica, infatti, è la forma associata di conoscenza: i compagni o filosofi si riunivano per cercare insieme la verità dell’essere e condividere “fraternamente” un sodalizio di pensiero, di valori, di intenti. Utilizzando degli strumenti a noi cari: il compasso, la pietra, la tavola pitagorica; e simboli a noi cari: il delta, la stella e il triangolo; Pitagora e i suoi allievi ricercavano la struttura logica di cui sono fatte le cose. Si fa strada per la prima volta nella storia, l’idea che “l’essere, possa essere indagato” attraverso evidenze concettuali, stabilendo così leggi universali, armoniche e razionali. Per i pitagorici in conclusione, la via della purificazione, si identifica con la conoscenza, per la sua capacità intrinseca di strappare l’uomo al particolare, elevandolo alla dimensione equilibrata e consapevole del cosmo. Il Maestro Venerabile Michele Benussi prima di chiudere i lavori ha messo in pratica “l’insegnamento pitagorico” chiedendo ai fratelli presenti di prestare ascolto, per un attimo, ai silenziosi battiti del proprio cuore, per il bene dell’umanità e alla gloria del Grande Architetto dell’Universo.



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