Alla kermesse di affaritaliani.it “La Piazza” il Grande Maestro d’Oriente Stefano Bisi/Affari Italiani

di Gabriele Penna

Ceglie Messapica – Tra un dibattito sul Pnrr e uno sul salario minimo, piomba a “La Piazza” di affaritaliani.it Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. Un inedito per la fortunata kermesse organizzata dal direttore Angelo Maria Perrino arrivata alla sua sesta edizione. Classe 1957, Bisi, orgogliosamente senese, ha spiegato a una platea attenta la funzione della massoneria oggi. Rompendo qualche tabù e tirando le orecchie a qualche giornalista che “si dimentica di scrivere come finiscono le inchieste”. Il riferimento a indagini del passato che hanno visto coinvolti massoni del Grande Oriente poi archiviati. La disciplina prima di tutto. Bisi si aggancia al grande arresto di Matteo Messina Denaro del 16 gennaio 2023 per mettere le cose in chiaro: chi sgarra, paga.

“Durante l’indagine su Matteo Messina Denaro si è parlato di massoneria perché il medico curante del boss mafioso era un massone, e io l’ho sostituito perché sta nei miei poteri, però poi alla fine dell’inchiesta gli inquirenti hanno ritenuto che la massoneria non c’entrasse nulla. E non è l’unica occasione in cui si è arrivati a questa conclusione”, ha scandito petto in fuori il capo del Grande Oriente d’Italia.

E la Chiesa? Non c’è mai stato un grande feeling tra le due istituzioni, tuttavia Bisi ci tiene a specificare di non essersi mai rifugiato nell’anticlericarismo. Anzi. “Devo a un parroco di campagna se ho potuto frequentare un asilo” e “devo a un parroco di campagna se a 18 anni ho potuto fare il mio primo giornale stampato”. Si, un giornale. Perché Bisi è anche un giornalista e tornerà a farlo quando ad aprile del 2024 scadrà il suo secondo mandato non più procrastinabile per statuto.

Una data, però, Bisi segna sul calendario della storia: 20 settembre 1870. La Breccia di Porta Pia. Un giorno che il Gran Maestro vorrebbe che venisse ricordato perché “toglieva alla Chiesa il potere temporale”. Ma che cosa fa la massoneria nel concreto? “Siamo presenti in tutte le città italiane. Ci sono logge anche in piccoli centri come Massa marittima (cittadina di poco più di 8mila abitanti in provincia di Grosetto ndr).

Incontri tra uomini (le donne non sono accettate) semplicemente. O almeno è quello che descrive Bisi rappresentando un quadro fatto di “grembiulini” e “cappucci”, come “piace dire ai giornalisti”, ma costituito da uomini che “si ritrovano la sera, nei templi, nelle case massoniche, alcune anche piccolissime, ornate dai nostri simboli. Uno parla e gli altri ascoltano”. Qui la citazione su Giulio Andreotti (non banale) per spiegare l’ordine gerarchico all’interno della massoneria dove alla base vi è l’apprendista.

Il Divo diceva: “Nei conventi c’era un noviziato: prima di parlare bisognava prepararsi”. E “da noi è lo stesso”, assicura Bisi. E al centro della discussione tra massoni ci sono “i nostri simboli, i valori etici, i doveri e i diritti che abbiamo e che non sempre ci vengono riconosciuti”, sottolinea con amarezza l’ospite, incalzato dal direttore Perrino.

“Ci sono delle proposte di legge – ricorda Bisi – che copiano quelle del 1925 (epoca fascista ndr) che costringono i massoni a nascondersi”. Con la caccia al massone “Il premio Nobel della fisica Enrico Fermi non avrebbe potuto fare il ministro”, “Salvatore Quasimodo non avrebbe potuto fare il ministro della Cultura”, “Arnoldo Foà non avrebbe potuto fare il direttore di un Teatro pubblico”. Tutti massoni, ovviamente.

E del potere la massoneria se ne occupa? Qui Bisi racconta un aneddoto per evidenziare ancora lo stigma indelebile che grava sull’immagine delle logge massoniche in generale. “A un candidato sindaco del Centrodestra, dopo essere stato scoperto (di essere massone ndr), è stata ritirata la candidatura. Una ingiustizia”. Bisi chiosa rompendo il tabù più grande: “Non siamo una associazione segreta”. Poi la rivendicazione finale. Palazzo Giustiniani. Edificio oggetto di una contesa quasi centenaria con il Senato della Repubblica.

Palazzo acquistato nel 1911 dal GOI che “venne preso a forza di bastonate dal regime fascista”. E dopo la Liberazione “facemmo una causa per rientrare in possesso”. L’inizio di una lunga trattativa sfociata in un accordo nel 1988 con l’allora presidente del Senato Giovanni Spadolini. Termini dell’intesa: i massoni lasciano Palazzo Giustiniani al Senato e il Senato lascia 140 mq ai massoni. Ma per ora nulla di fatto.



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