Adriano Colocci, jesino massone e promotore del monumento a Giordano Bruno di Campo de’ Fiori/Centropagina.it

Adriano Colocci, jesino massone e promotore del monumento a Giordano Bruno di Campo de’ Fiori Una pagina di storia poco conosciuta, vede il nobile di Jesi protagonista nella realizzazione del monumento simbolo del libero pensiero. Ricostruiamo le vicissitudini, che coinvolsero anche Garibaldi e Carducci
Di Mauro Luminari – 20 Aprile 2020

Quasi tutti conoscono la statua dedicata a Giordano Bruno a Roma, a Campo de’ Fiori, universalmente riconosciuta come il simbolo della libertà di pensiero e monito contro l’inquisizione e la tirannide clericale, realizzata da Ettore Ferrari – Gran Maestro dal 1904 della Massoneria del Grande Oriente d’Italia – e inaugurata il 9 giugno del 1889. Molti pochi sono al corrente, d’altro canto, che il principale promotore per il monumento a Giordano Bruno fu un nobile e illustre jesino anche lui iniziato alla massoneria il 6 giugno 1876 nella loggia Tito Vezio all’Oriente di Roma. Un illustre jesino Stiamo parlando del marchese Adriano Colocci, poliedrico scrittore e uomo politico italiano (Jesi 1855 – Roma 1941), discendente per parte di madre di Amerigo Vespucci. I particolari della sua vita li rimandiamo alla più esaustiva enciclopedia Treccani, ma qui ricordiamo che il Colocci fu totalmente un libero pensatore, mai prono al potere costituito e al denaro. Era figlio di Antonio Colocci, combattente con Giuseppe Mazzini per la Repubblica Romana e poi tra i maggiori fautori e finanziatori del risorgimento marchigiano. Antonio e il figlio sono citati e riveriti negli archivi storici di Roma, Firenze, San Marino. Adriano è conosciuto e stimato a Londra, Atene, Sofia, Malta, Buenos Aires, San Paolo del Brasile, Egitto, Libia etc. Nel 1880 diresse il Corriere delle Marche , oggi Corriere Adriatico , principale quotidiano d’informazione delle Marche. Il ruolo di Colocci nella genesi del monumento Il primo Comitato che iniziò la sottoscrizione per il monumento venne fondato nel marzo del 1876 da Adriano Colocci, su iniziativa del drammaturgo Pietro Cossa, e da un gruppo di giovani studenti universitari a Roma.

Dai diari autografi del Colocci e da un documento consultato presso The Waburg Intitute e l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Centro Internazionale di Studi Bruniani “Giovanni Aquilecchia”, redatto dall’allora direttore del giornale La Lombardia Alfredo Comandini, si racconta dettagliatamente la storia del monumento e il coinvolgimento del marchese jesino. L’appartenenza alla massoneria Nei suoi diari Adriano Colocci annota che fu iniziato fratello massone il 6 giugno 1876 nella loggia Tito Vezio all’Oriente di Roma. Scrive inoltre che nella loggia erano già massoni molti dei promotori del comitato universitario per il monumento a Giordano Bruno come Pietro Cossa e lo stesso Alfedo Comandini. Ecco alcuni stralci. «Lo studente in giurisprudenza Adriano Colocci, a cui Pietro Cossa aveva data l’idea del monumento a Bruno, parlò per la prima volta della cosa con me – il sabato 4 marzo 1876 in Piazza Colonna. (…) In mezzo agli studenti l’idea attecchì prontamente e la domenica 12 Marzo 1876 nella sala delle Logge Massoniche in via della Valle fu tenuta la prima adunanza dei promotori che si trovarono in 25». Circostanza presente e suffragata anche nel diario del marchese jesino che però conferisce al comunardo Armand Levy la paternità dell’idea originale. «Le adunanze si susseguirono il 13, 14, 15, 17 marzo…Adriano Colocci presiedeva le nostre riunioni, io fungeva da segretario-economo… L’editore Capaccini ebbe affidata a noi la fornitura degli stampati, che furono impressi nella tipografia in piazza dell’Apollinare, nel cortile del palazzo Altemps, dove era la Università Vaticana. In quella tipografia il sabato 18 marzo 1876, furono corrette da Colocci e da me le bozze del manifesto che il 19 marzo venne affisso in Roma, spedito in tutta Italia».
Il comitato affidò a Colocci il compito di compilare una biografia popolare e succinta di Bruno da contrapporre per provocazione a quella ben più famosa del loro professore cattolico Domenico Berti. Nasce così il libro Giordano Bruno, cenni biografici con documenti edito da Francesco Capaccini Editore nel 1876 e oggi conservato presso la Biblioteca Universitaria di Pavia. Il sostegno dei grandi nomi Sono documenti straordinari, pagine di diario manoscritte che rievocano anni di grande fermento e coraggio, dove l’embrione di un’idea prese forma nell’ambiente universitario e si sviluppò in seno alla massoneria fino alla successiva costituzione del secondo comitato internazionale a cui parteciparono, tra gli altri, nomi eccellenti come Ernst Renan, Victor Hugo, Herbert Spencer, Giosuè Carducci, Lombroso, Francesco Crispi, Adriano Lemmi e che nella lista delle oblazioni, come riportato dal resoconto di Comandini (e nei diari del Colocci), per l’autofinanziamento annovera il generale Giuseppe Garibaldi da Caprera. La targa del Teatro Moriconi di Jesi Alla luce delle vicende narrate in questi documenti si evince che probabilmente senza l’attivismo di Adriano Colocci, che scrisse anche il manifesto per gli universitari francesi, e l’impegno nel primo comitato dal 1876 al 1880, forse altri non avrebbero pensato di farsi promotori del poi compiuto monumento a Giordano Bruno. Il giovane marchese jesino pagò il suo credo lottando contro il potere clericale romano e fu costretto a continuare in Toscana gli studi universitari. Un collegamento speciale, quindi, quello tra Roma e Jesi, dove sul muro del Teatro Moriconi, in passato sede del Tribunale dell’Inquisizione, si trova proprio una targa realizzata in memoria di Giordano Bruno.

La sorpresa di Garibaldi Del fondamentale contributo del marchese Adriano Colocci al monumento di Giordano Bruno troviamo un’ampia trattazione nel recente libro di Massimo Bucciantini Campo dei Fiori. Storia di una statua maledetta (Einaudi). La festa per l’inaugurazione della statua, quel 9 giugno 1889, fu inattesa e incredibile, «difficile ricordare qualcosa di analogo», spiega Bucciantini. Fra le 50 e 80 mila persone arrivate da tutta Italia e altre parti d’Europa per vedere il monumento finalmente eretto. Il corteo celebrativo partì da stazione Termini e si concluse in Campo dei Fiori, svolgendosi in una Roma completamente militarizzata per paura di disordini. Del resto i manifestanti non erano proprio dei mansueti chierichetti. Anarchici, socialisti, radicali, anticlericali, massoni, «1970 bandiere, 34 concerti, 2000 associazioni».
La sorpresa più commovente ci fu la sera, durante il rinfresco finale per le autorità al Palazzo delle Esposizioni. A un certo punto Adriano Colocci, fondatore del primo comitato, prese la parola. Estrasse dalla tasca una lettera datata 20 giugno 1876, spedita a Roma da Caprera, e lesse: « Possa il monumento da voi eretto al gran pensatore e martire essere il colpo di grazia alla baracca di cotesti pagliacci che villeggiano sulla sponda destra del Tevere. Vi mando lire 5 pel monumento, e sono per la vita, vostro… Giuseppe Garibaldi » .

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