LA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA

Giustiniani: il caso non è chiuso

Dalla confisca fascista al mancato Lodo Spadolini, l’epilogo è ancora da scrivere. Stefano Bisi, primo Gran Maestro a tornare in veste ufficiale nella storica residenza

Giustiniani light
Palazzo Giustiniani, Senato della Repubblica, Gran Maestro Bisi nel convegno Accordi di libertà del 29 ottobre 2014

Quella del 29 ottobre 2014 resterà per il Gran Maestro Stefano Bisi ed i tanti fratelli che hanno varcato il portone di palazzo Giustiniani una data storica. È stato il giorno del gran ritorno a casa, in occasione della presentazione del Libro della Fondazione Allori, “Accordi di Libertà”, nel Palazzo dove tante generazioni di massoni hanno lavorato e condiviso i valori di Libertà, Fratellanza ed Uguaglianza. Proprio il Gran Maestro all’inizio del suo intervento non ha nascosto l’emozione per un evento che rimarrà scolpito nei cuori e nella mente dei fratelli che lo hanno vissuto.

“Oggi mi sono emozionato, perché in questo Palazzo – ha detto – e in questa sala dove si trovava il Tempio principale per tanti anni sono passati i liberi muratori del Grande Oriente d’Italia. Qui sono stati iniziati tanti Fratelli. Qui è stato ucciso, da un uomo che pensava che le disgrazie della sua vita dipendessero dalla Massoneria, un nostro fratello: Achille Ballori, Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese. Ecco perché essere oggi presenti qui è un motivo di orgoglio per i Liberi Muratori del Grande Oriente d’Italia. Chissà se un giorno, forse, potrà esserci restituito quello che c’è stato ingiustamente tolto. Un pezzo, un pezzetto di questo Palazzo dove rappresentare la storia della Libera Muratoria in questo Paese. La storia di tanti garibaldini che hanno contribuito all’Unità d’Italia”. Parole che tengono accesa la fiammella della speranza di avere in qualche modo  almeno una sala del Palazzo in futuro, da adibire a museo massonico, se verrà risolta l’annosa vertenza con il Senato e il Demanio per l’immobile.

Il trasloco al Vascello nel 1985

Lo stesso Armando Corona, ultimo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia ad aver vissuto la straordinaria esperienza di Palazzo Giustiniani nel 1985 annunciò con un’intervista a “La Repubblica” il trasloco (avvenuto a marzo 1985) del Grande Oriente a Villa Il Vascello, ma anche l’esistenza di una trattativa col Senato (Il cosiddetto Lodo Spadolini) per stipulare un compromesso definitivo ottenendo in cambio alcune stanze come simbolo dell’Istituzione: “Noi abbiamo già traslocato l’ultimo giorno di marzo – disse il Gran Maestro Armando Corona – ma i nostri quattro piani non li abbiamo ancora del tutto sgomberati. Per farlo aspettiamo l’accordo (…). Visto che il nostro nome deriva proprio dal palazzo Giustiniani, è giusto e indispensabile che in questo palazzo il Grande Oriente conservi almeno qualche sala, in modo da giustificare simbolicamente la sua denominazione”.

Ma il lodo Spadolini che concedeva all’Urbs “una limitata porzione dei locali rilasciati, ubicati al piano terreno ed al piano ammezzato e relativi accessori e pertinenze con accesso da Piazza della Rotonda nn.10-11 e da via Giustiniani

nn.1-2 per destinarli a sede del Museo storico della Massoneria Italiana e l’accollo alla Urbs di 500 milioni di vecchie lire a titolo d’indennizzo per l’occupazione dei locali di palazzo Giustiniani da giugno 1980 fino alla data di rilascio dell’immobile, arrivato vicino alla firma definitiva, morì con la scomparsa del presidente del Senato Giovanni Spadolini, né i successori alla presidenza del Senato, complici i bizantinismi, i tecnicismi giuridici, la burocrazia e la stessa politica del tempo, vollero portare a soluzione il caso di palazzo Giustiniani.

Si spera in un risveglio delle coscienze e della Giustizia in questo Paese. E anche nelle parole di Lucio Malan, questore del Senato, che nel suo intervento ad “Accordi di Libertà” sulla questione ha detto: “E’ significativo che la presentazione del bel libro ‘Accordi di Libertà’ sia avvenuta in questo palazzo, perché questo palazzo ha rappresentato una realtà importante. Era naturalmente non tutto del Grande Oriente d’Italia, ma molto articolato, io da questore del Senato so quanto sia articolato. Abbiamo liti con i vicini, cause, ascensori che dovrebbero spostare, muri. La questione è molto complessa ma c’è stato un fatto di legge durante il Fascismo per cui la parte del palazzo che era del Grande Oriente d’Italia fu praticamente confiscato, in nome dell’imposizione di una ideologia di Stato o del contrasto al Goi, alla Massoneria sulla base di concezioni di Regime.

La presentazione del volume alla presenza del Gran Maestro Bisi ci ricorda anche questo fatto che va tenuto presente. È certamente una vicenda antica, ma dal punto di vista civilistico le questioni non si esauriscono e resta sempre questa situazione”. Parole di grande apertura, di alto senso di responsabilità, e di una visione globale di una vicenda che affonda le sue radici nel passato e che si spera possa essere definita dando al Grande Oriente d’Italia quella giustizia che gli è stata negata e un pezzo del simbolo di cui porta orgogliosamente il nome.

La storia: dall’affitto all’acquisto

Grazie alla preziosa opera su “Le case massoniche dell’Urbs (pagine 13-21, a cura di Carlo Ricotti e Elisabetta Cicciola) è stato possibile ricostruire la storia di palazzo Giustiniani. L’esigenza di acquisire una sede stabile nella Capitale era nata in seguito al mancato rinnovo del contratto di affitto da parte del principe Borghese dei locali che il Goi aveva nell’omonimo Palazzo. Fu l’allora Gran Maestro Ernesto Nathan a muoversi in prima persona per trovare una soluzione ottimale. Nella seduta della Giunta svoltasi il 15 dicembre 1898, Nathan comunicò ai membri del Governo dell’Ordine di “aver assunto formale impegno di prendere in locazione Palazzo Giustiniani (…) indicatissimo agli usi massonici (…) per la sua centralità, per il numero e la vastità degli ambienti (…)”. La Giunta prese atto con soddisfazione della ottimale scelta e ringraziò il Gran Maestro per “aver così provveduto ad una sede veramente decorosa per il Governo dell’Ordine”. Era il primo passo di una lunga e travagliata presenza dei massoni nel celebre Palazzo ubicato nel Rione Sant’Eustachio a Roma. Nella primavera del 1899, fu stipulato il contratto d’affitto del primo piano per nove anni, con la possibilità di rinnovare il contratto per un altro quinquennio per lire 11000 annue. Fatti i necessari lavori per rendere la struttura idonea al bisogno del Goi, nel febbraio del 1900 ci fu il trasferimento dell’Ordine nell’edificio; mentre l’inaugurazione ufficiale si svolse il 21 aprile del 1901 con una grande cerimonia pubblica. Di fronte a deputati, senatori, magistrati, alti funzionari dello Stato e alti gradi delle Forze Armate, professori, letterati, giornalisti, il Gran Maestro Nathan tenne una “Balaustra” che rimase nella storia. Illustrò i princìpi guida della Massoneria, la sua azione universale e il contributo determinante come “movimento per la pace e per l’arbitrato”. Fu un evento di grande importanza perché consacrò il ruolo dell’Istituzione nell’Italia del tempo e la sua opera nella società. Subito dopo, a partire dal 1903, emerse l’esigenza di acquistare l’intero palazzo Giustiniani e ci si rivolse anche alle Obbedienze Estere per capire come le stesse si erano mosse per darsi una veste giuridica ed assicurare le proprietà. Alla fine venne ritenuta quella adottata dai francesi la soluzione più efficace, vale a dire la creazione e costituzione di una società anonima per azioni per l’acquisto e l’amministrazione di beni immobili. A due membri di Giunta, i fratelli Damiani e Dalmedico, fu chiesto di studiare accuratamente la procedura e presentarla alla commissione creata per l’erezione della Massoneria in Ente Giuridico.

Acquisto e nascita dell’Urbs

La fase di studio portò con successo alla finalizzazione dell’obiettivo. Le trattative per l’acquisto del Palazzo andarono avanti e venne costituita, sul modello francese già accennato, la società anonima “Urbs” per l’acquisto e la vendita di immobili, che ebbe un capitale azionario di 500,000 lire suddiviso in cinquanta azioni di lire diecimila ciascuna. Nella primavera del 1910, la “Rivista Massonica”, che era l’organo ufficiale del Grande Oriente d’Italia annunciava che nel pomeriggio del 18 marzo 1910 “su iniziativa dell’egregio avvocato Israele Ottolenghi, in nome proprio e di altri distintissimi amici nostri” era stato firmato il compromesso per l’acquisto di tutto lo storico Palazzo Giustiniani in Roma” ed annunciava altresì che “gli stessi amici stanno costituendo una società per azioni la quale sarà proprietaria del Palazzo”. Si trattava di quella “Società Urbs” che meno di un mese dopo, il 4 aprile 1910, sarebbe sorta nello studio del notaio Francesco Stame. In questa Società figuravano i maggiori dignitari dell’Ordine: dal Gran Maestro Ettore Ferrari, al Gran Maestro Aggiunto Achille Ballori (Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico ed Accettato, al 1° Gran Sorvegliante Achille Levi, al Grande Oratore Giovanni Albano, al Gran Segretario Carlo Berlenda, al Gran Tesoriere Israele Ottolenghi, e al Presidente del Rito Simbolico Italiano Teresio Trincheri. Una volta perfezionato l’acquisto, la “Urbs” provvide a norma dell’articolo 1 dello statuto attuativo, a concedere Palazzo Giustiniani in affitto al Grande Oriente d’Italia che da quel preciso istante rafforza la sua immagine e la lega al prestigioso stabile.

Il Fascismo e la confisca

Dopo le felici stagioni vissute a Palazzo Giustiniani durante le Grandi Maestranze di Ernesto Nathan ed Ettore Ferrari, nere nuvole si addensarono sulla Massoneria del Grande Oriente d’Italia. La prima guerra mondiale e gli eventi postbellici culminarono nell’ascesa del Fascismo e di Mussolini che divenne nemico dichiarato dell’Ordine, dei suoi princìpi universali culturali e democratici. Mussolini fece un violento attacco contro il Goi al Gran Consiglio del Fascismo il giorno dopo l’uccisione di Giacomo Matteotti, era il 22 luglio 1924. Da quel preciso istante la Massoneria divenne il nemico da colpire e abbattere a tutti i costi. In tutta Italia si susseguirono gli assalti e devastazioni alla sedi del Goi che toccarono l’apice con il saccheggio e l’occupazione di Palazzo Giustiniani il 5 novembre del 1925. Il Fascismo metteva così i suoi artigli rapaci sull’Istituzione. Prima con il decreto Legge n. 2192 del 25 novembre che legittimava di fatto l’occupazione dichiarando la nullità, con efficacia retroattiva di tutti gli atti di compravendita sugli immobili di dichiarata “importanza storico-artistica” per i quali lo stato italiano non avesse potuto esercitare il diritto di prelazione. A questa seguì la istantanea approvazione al Senato della “legge contro la Massoneria” pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 28 novembre. Applicando alla lettera il decreto legge n. 2192 il Ministro della Pubblica Istruzione, con proprio decreto del 20 gennaio 1926, esercitò il famoso diritto di prelazione per conto dello Stato (versando alla Cassa Depositi e Prestiti 1 milione e 55mila lire che era il valore dichiarato d’acquisto nell’atto fra la Urbs e i Fratelli Questa) di conseguenza la sede di Palazzo Giustiniani venne acquista dal demanio e assegnata al Senato del Regno (che già aveva in affitto alcune parti della struttura e pagava un canone mensile alla Urbs). Di fatto fu una vera e propria confisca alla quale seguì un ricorso della stessa Urbs al Consiglio di Stato e la citazione a giudizio in Tribunale del Ministero della P.I. Ma il governo fascista con le sue pressioni costrinse i rappresentanti dell’Urbs ad una “transazione obbligata” delle due vertenze per la somma di L. 3.381.443.90, mentre rimase a carico dello Stato un residuo di un mutuo ipotecario dell’Istituto di Credito Fondiario di L. 641.940. Il Regime Fascista aveva fatto prevalere la sua forza e i massoni restavano fuori dal loro amato Palazzo Giustiniani. Ma la Urbs, come ricorda il prof. Carlo Ricotti a pagina 13 del ben articolato libro “Le case massoniche della Urbs. Il patrimonio del Goi-Palazzo Giustiniani”, riuscì a sopravvivere e mantenere inalterati i suoi diritti. In una memoria presentata al Tribunale di Roma nel 1947 si legge: “… La Soc. Urbs non si è estinta; nel 1929 vi è stata la ripartizione dell’80% dell’attivo sociale, con riserva di dividere il residuo. Ciò non è mai avvenuto, finchè l’attivo non è stato ripartito la Società non può considerarsi estinta”. Era solo l’inizio di una vicenda giudiziaria che è proseguita fino ai giorni nostri passando attraverso sentenze, ricorsi in Cassazione e convenzioni mai firmate. E il cui epilogo è ancora tutto da scrivere.

(testo di Angelo di Rosa in “Erasmo Notizie” 19-20, 30 novembre 2014)