Rimini 15 aprile 2007 – Tavola Rotonda. Educazione alle Libertà.

MODERATORE

ANTONIO PANAINO è Preside della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna a Ravenna e professore ordinario di Filologia, Storia e Religioni dell’Iran. I suoi interessi scientifici si concentrano sulla storia linguistica e religiosa del mondo iranico e tardo antico, con particolare attenzione per i fenomeni di interazione culturale tra Oriente e Occidente, soprattutto nel campo della mantica astrale e dell’astronomia e astrologia antiche. Autore di diverse monografie e di circa 200 lavori tra articoli, recensioni e studi minori redatti nelle principali lingue europee e orientali. E’ direttore della sezione Emilia-Romagna dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e direttore scientifico della rivista del Grande Oriente d’Italia “Hiram”.

LUISELLA BATTAGLIA / Libertà di scegliere e dignità della persona

E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico? Nel lontano 1859 John Stuart Mill, uno dei padri del liberalismo, si interrogava, in un testo ormai classico On Liberty, sulla natura e sui limiti del potere che la società poteva esercitare sull’individuo e rispondeva formulando il ‘principio del danno’, secondo cui l’intervento della società è giustificato solo quando la condotta di un individuo è tale da nuocere agli altri e il singolo deve rispondere verso la società solo delle azioni che incidono sulla sfera di attività del prossimo. La società non ha dunque in alcun modo il diritto di definire che cosa sia il ‘bene’, sia fisico che morale di un individuo il quale, di conseguenza, non può essere costretto a fare o non fare qualcosa in base alla pretesa giustificazione che ciò sarebbe meglio per lui, lo renderebbe più felice o il suo agire sarebbe più saggio o più giusto. Ci troveremmo in tal caso in presenza di uno ‘stato etico’ che si prefigge il conseguimento di certi valori a cui la volontà del singolo deve obbedienza, anziché di uno ‘stato di diritto’ che lascia ciascuno libero di definire il proprio piano di vita, sulla base di valori spontaneamente scelti. Da qui l’importanza essenziale di quel principio di autonomia in base al quale “su se stesso, sul suo corpo, sul suo spirito l’individuo è sovrano”. E’ inevitabile oggi la domanda: il nostro è uno stato che può definirsi liberale o siamo ancora, per quanto riguarda le scelte fondamentali della nostra vita, in una condizione di minorità, sotto l’ombra protettiva di un paternalismo che nega la nostra libertà, una sorta di dispotismo illuminato di tipo nuovo, fondato sul potere della tecnologia? La tutela di una sfera di autonomia personale dalle interferenze del potere politico e religioso era la preoccupazione di Mill ed è, o dovrebbe essere, anche la nostra. La sua opera risulta singolarmente attuale se letta alla luce del dibattito cruciale, in ambito bioetico, sulle questioni poste dalle innovazioni scientifiche e tecnologiche e sul loro impatto sulla nostra vita, sulla stessa immagine della nostra umanità. Mill appare schierato a difesa della libertà individuale, sostenitore, diremmo oggi, di un ‘diritto mite’, di una ‘legislazione leggera’ che dia ampio spazio alla coscienza del singolo più che alla responsabilità forzata da parte della legge. “La libertà che sola merita questo nome – si legge in quello che potrebbe chiamarsi un vero e proprio manifesto della società liberale – è la libertà di cercare il nostro bene personale come meglio crediamo, finché non priviamo gli altri del loro o non ne ostacoliamo gli sforzi per procurarselo. Ognuno è custode naturale delle proprie facoltà, sia fi



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