Presentato a Pavia ‘Pensare Dio. Un’introduzione storica alla filosofia della religione’, di Linda Trinkaus Zagzebski

Bonvecchio: “Oggi più che mai dobbiamo concepire l’Altro Deus Absconditus. Un Dio di cui non si devono cercare le tracce negli avvenimenti, ma che bisogna raggiungere, compiendo un salto nell’inconoscibile”.

Si è tenuta il 15 dicembre, presso la Sala dei Congressi del Broletto di Pavia, la presentazione di ‘Pensare Dio. Un’introduzione storica alla filosofia della religione’, di Linda Trinkaus Zagzebski, ultimo volume della Edoardo Varini Publishing. A presentarlo sono stati il Fratello Claudio Bonvecchio, ordinario di Filosofia delle Scienze sociali presso il corso di laurea in Scienze della comunicazione dell’Università degli Studi dell’Insubria, il Fratello Elio Jucci, docente di Ebraico presso l’Università degli Studi di Pavia, Luca Vanzago, docente di Gnoseologia presso lo stesso ateneo, e l’editore, il Fratello Edoardo Varini, che ha introdotto la discussione.

A prendere per primo la parola è stato Vanzago, che ha illustrato al numeroso pubblico presente in cosa consista un approccio filosofico alla religione ed il valore della riflessione critica su qualunque forma del pensiero umano, non escluso quello teologico. È stata quindi la volta di Bonvecchio, che ha posto in luce quale distanza si frapponga sempre e comunque tra la tensione conoscitiva propria dell’uomo e l’inarrivabile trascendenza dell’Essere divino, alla cui percezione è possibile tuttavia giungere tramite l’abbandono della logica e l’accettazione del limite, di quella docta ignorantia che il Cusano poneva a fondamento della propria meditazione sull’Assoluto.

Jussi ha invece condotto la riflessione su una dimenticata modalità di intendere l’episteme, che tuttavia non ha mai cessato di riverberare la propria talora dolorosa luce su tutti gli uomini che le si sono accostati nei secoli: il vero come intensità di sentire, come passione. Obbligate le citazioni del fideista moderato Pascal e del fideista radicale Kierkegaard, il quale intendeva la verità non come dimostrabile attributo di una proposizione bensì come incontro del sé con una realtà più alta. Jussi si è quindi intrattenuto sulla figura di Giobbe, il giusto che soffre incolpevole senza realmente accettare l’apparente insensatezza dell’agire divino. Ma, come ha ricordato Bonvecchio e come scrive nella prefazione al testo, “forse dobbiamo – oggi più che mai – concepire Dio come lo concepivano, e lo concepiscono, i mistici e gli illuminati, ossia come Deus Absconditus: lontano dagli uomini e dalla storia. Un Dio di cui non si devono cercare le tracce negli avvenimenti, ma che bisogna raggiungere, compiendo un salto ontologico e epistemologico. Un salto nell’inconoscibile”.



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