Notte di San Bartolomeo a Firenze. Omaggio a Becciolini nel cimitero monumentale di Trespiano e percorso della memoria attraverso i luoghi dell’eccidio fascista dove trovarono la morte anche Pilati e Console

Cento anni fa, nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1925, Firenze visse la sua “Notte di San Bartolomeo”. La violenza fascista si abbatté sulla città con una furia cieca e calcolata: squadristi armati colpirono con brutalità gli oppositori politici e la Massoneria, considerata allora uno dei baluardi più tenaci della libertà. Quella notte caddero tre uomini che incarnavano il coraggio civile: Giovanni Becciolini, libero muratore mite e generoso, ucciso per aver difeso un fratello; Gaetano Pilati, ex deputato socialista; e l’avvocato Gustavo Console, anche lui massone, le cui spoglie riposano nel cimitero delle Porte Sante situato entro il bastione fortificato della basilica di San Miniato al Monte.

Nel centenario della loro morte, Firenze ha reso omaggio a Becciolini, le cui spoglie riposano al cimitero monumentale di Trespiano. Alla cerimonia erano presenti il presidente del Consiglio comunale Cosimo Guccione, il presidente della Fondazione Fratelli Rosselli Valdo Spini e il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi, che a quella notte di sangue ha dedicato un libro, Le dittature serrano i cuori. La nuova edizione, appena ripubblicata da Betti Editore e arricchita da documenti inediti, è stata al centro delle riflessioni di questo anniversario. L’opera restituisce voce e dignità a Becciolini, Console e Pilati, ricordando anche come la Massoneria italiana, già allora, si fosse schierata con fermezza a difesa della libertà e delle istituzioni democratiche.

Per la stessa giornata del 3 ottobre la testata giornalistica Nove da Firenze, la prima online del capoluogo toscano, ha organizzato un itinerario sui luoghi dell’eccidio: alle 20 l’omaggio dinanzi alla lapide di Becciolini in via dell’Ariento, nel punto in cui fu assassinato; a seguire in via Dandolo, davanti alla casa di Pilati, e infine in via Timoteo Bertelli, dove cadde Console. Non un semplice rito, ma un invito a rivivere il dramma di chi seppe opporsi al fascismo nascente e pagò con la vita il proprio coraggio.

Per comprendere fino in fondo quei tragici eventi occorre tornare al clima di quegli anni. Già dal 1923 il Grande Oriente d’Italia aveva assunto una posizione netta contro il regime, denunciandone le derive autoritarie. Dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, nell’estate del 1924, la violenza squadrista si fece sempre più feroce: logge devastate, fratelli minacciati, sedi assaltate. Il 26 settembre 1925 il direttorio del fascio di Firenze pubblicò sul giornale Battaglie fasciste un proclama che non lasciava dubbi: “Bisogna colpire i massoni nelle loro persone, nei loro beni, nei loro interessi […]. Tutti i mezzi sono buoni: dal manganello alla revolverata, dalla rottura dei vetri al fuoco purificatore”. Pochi giorni dopo, il 3 ottobre, un gruppo di camicie nere irruppe nella casa del massone Napoleone Bandinelli con l’obiettivo di impossessarsi degli elenchi degli iscritti alle logge. Giovanni Becciolini, suo fratello di officina, tentò di difenderlo. Nella colluttazione uno squadrista fu colpito da un proiettile e la colpa ricadde su di lui: sequestrato, condotto nella sede del fascio, venne infine assassinato con spietata crudeltà in strada. La sua morte segnò l’inizio di una settimana di sangue. Con lui caddero Pilati e Console, mentre gli uomini di Non Mollare – il foglio clandestino fondato dai fratelli Rosselli, da Ernesto Rossi e da altri giovani antifascisti – furono costretti alla fuga. Quella breve stagione di stampa libera, che aveva osato sfidare il regime con la sola forza della parola, si concluse nel sangue. Poche settimane dopo, il 26 novembre, un decreto legge mise al bando la Massoneria in Italia.



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