(La Repubblica) Imu alla Chiesa, ok del Consiglio di Stato. “Rispettare i principi dell’Unione europea”

Per i giudici amministrativi, anche “soggetti in apparenza non commerciali possono, in taluni casi, trovarsi a svolgere attività economiche in concorrenza con analoghi servizi offerti da altri operatori economici”.

La Chiesa deve pagare l’Imu. Il consiglio di Stato ha dato parere favorevole, seppure con alcune osservazioni, allo schema di decreto del ministro dell’Economia che regola il versamento dell’Imu per gli enti non commerciali e in particolare quelli della Chiesa. La principale osservazione del Consiglio di Stato riguarda la necessità di definire meglio le attività non commerciali facendo esplicito riferimento al “carattere di attività economica come definito dal diritto dell’Unione europea”.
In sostanza – spiega la sentenza – la Chiesa dovrà pagare l’imposta comunale per tutte le strutture che si comportano come operatori commerciali come, per esempio, i conventi che affittano stanze.

In particolare, i giudici amministrativi osservano che anche nei settori presi in considerazione dall’art.4 dello schema di regolamento (attività assistenziale, sanitaria, didattica, ricettiva, culturale, ricreativa e sportiva), soggetti in apparenza “non commerciali” possono, in taluni casi, trovarsi a svolgere attività economiche in concorrenza con analoghi servizi offerti da altri operatori economici. Lo Stato dovrebbe, quindi, fare chiarezza: il Consiglio di Stato ha, infatti, avanzato osservazioni sul criterio di “retta simbolica” riferito a scuole, ospedali e attività di tipo ricettivo e previsto in vari passaggi del regolamento.

In questi casi, l’esenzione dell’imposta rischierebbe di far aprire una procedura d’infrazione da parte dell’Ue nei confronti dell’Italia: “In sostanza – si legge – anche gli enti non commerciali possono svolgere attività commerciali, che sono necessariamente di natura economica ai sensi del diritto dell’Unione europea e gli immobili destinati a tali attività sono soggetti al pagamento dell’Imu, e non possono beneficare dell’esenzione”. Il Consiglio di Stato ritiene dunque che si debba far riferimento ai principi comunitari anche per “evitare il rischio di una procedura di infrazione avente ad oggetto il nuovo atto normativo”.



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