Cinquantacinque anni fa moriva il fratello Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura. La sua poesia “Alla nuova luna” è stata al centro di una delle tracce della prima prova dell’esame di Maturità di quest’anno

 

Il 14 giugno 1968 moriva a Napoli il fratello e Premio Nobel per la Letteratura  Salvatore Quasimodo, che ha lasciato una traccia profonda nel panorama del‘900, con i suoi versi talvolta ermetici, ricchi di simboli e densi di appassionata riflessione sulla vita, sull’amore, sulla realtà.

In occasione del 55esimo anniversario della sua scomparsa la sua poesia dal titolo ‘Alla nuova luna’ ha ispirato una delle tracce della prima prova dell’esame di maturitá di quest’anno. Ecco il testo: In principio Dio creo’ il cielo e la terra, poi nel suo giorno esatto mise i luminari in cielo e al settimo giorno si riposo’. Dopo miliardi di anni l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, senza mai riposare, con la sua intelligenza laica, senza timore, nel cielo sereno d’una notte d’ottobre, mise altri luminari uguali a quelli che giravano dalla creazione del mondo. Amen.

Quasimodo era nato a  Modica, in provincia di Ragusa il 20 agosto 1901, che la sua famiglia lasció dopo il tremendo terremoto del 1908 la famiglia per trasferirsi a Messina dove il padre venne chiamato per riorganizzare la locale stazione. Nella città dello Stretto Quasimodo conseguí nel 1919 il diploma presso l’Istituto Tecnico Jaci e lasció la Sicilia con cui manterrà per tutta la vita un legame fortissimo, stabilendosi a Roma, dove scriveva versi e studiava latino e greco con monsignor Rampolla del Tindaro, in Vaticano.

Il 31 marzo del 1922 venne  iniziato alla Massoneria nella Loggia Arnaldo da Brescia all’Oriente di Licata, alla quale era affiliato anche suo padre Gaetano.  Tre anni e mezzo più tardi, il 22 Novembre del 1925, le feroci persecuzioni fasciste contro la Massoneria ed in particolare contro il Grande Oriente d’Italia costrinseroil Gran Maestro Domizio Torrigiani ad emanare il decreto di scioglimento di tutte le Logge Massoniche. Nel 1926 Quasimodo venne assunto al Ministero dei Lavori Pubblici e assegnato al Genio Civile di Reggio Calabria.

L’attività di geometra, per lui faticosa e del tutto estranea ai suoi interessi letterari, sembra però allontanarlo sempre più dalla poesia e, forse per la prima volta, pensó di dover considerare naufragate per sempre le proprie ambizioni poetiche. Tuttavia il riavvicinamento alla Sicilia, i contatti ripresi con gli amici messinesi della prima giovinezza e soprattutto il rinvigorirsi dell’amicizia con Salvatore Pugliatti, insigne giurista e fine intenditore di poesia, riaccesero la volontà sopita. Naque così nel contesto messinese il primo nucleo di “Acque e terre”.

Nel 1929 si recó a Firenze dove il cognato Elio Vittorini lo introdusse nell’ambiente di “Solaria”, facendogli conoscere i suoi amici letterati: da Alessandro Bonsanti ad Arturo Loira, a Gianna Manzini ed Eugenio Montale, che intuirono presto le doti del giovane siciliano. Proprio per le edizioni di “Solaria” (che aveva pubblicato alcune liriche di Quasimodo) uscí nel 1930 “Acque e terre”, il primo libro della storia poetica di Quasimodo, accolto con entusiasmo dai critici.

Nel 1932 Quasimodo vince il premio dell’Antico Fattore, patrocinato dalla rivista e nello stesso anno, per le edizioni di “circoli”, esce “Oboe sommerso”. Nel 1934 si trasferisce a Milano, città che segnerà una svolta particolarmente significativa nella sua vita, non solo artistica. Accolto nel gruppo di “corrente” si ritrova al centro di una sorta di società letteraria, di cui fanno parte poeti, musicisti, pittori, scultori.

Nel 1936 pubblica con G. Scheiwiller “Erato e Apòllion” con cui si conclude la fase ermetica della sua poesia. Nel 1938 lascia il suo lavoro presso il Genio Civile e inizia l’attività editoriale come segretario di Cesare Zavattini, il quale più tardi lo farà entrare nella redazione del settimanale “Il Tempo”. Nel 1938 esce la prima importante raccolta antologica “Poesie”, con un saggio introduttivo di Oreste Macrì, che rimane tra i contributi fondamentali della critica quasimodiana. Il poeta intanto collabora alla principale rivista dell’ermetismo, la fiorentina “letteratura”.

Nel biennio 1939-40 Quasimodo mette a punto la traduzione dei Lirici greci che esce nel 1942 che, per il suo valore di originale opera creativa, sarà poi ripubblicata e riveduta più volte. Sempre nel 1942 esce “Ed è subito sera”.

Nel 1941 gli viene concessa, per chiara fama, la cattedra di Letteratura Italiana presso il Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi” di Milano. Quasimodo insegnerà fino all’anno della sua morte. Durante la guerra, nonostante mille difficoltà, Quasimodo continua a lavorare alacremente: mentre continua a scrivere versi, traduce parecchi Carmina di Catullo, parti dell’Odissea, Il fiore delle Georgiche, il Vangelo secondo Giovanni, Epido re di Sofocle (lavori che vedranno la luce dopo la liberazione). Quasimodo porterà avanti questa attività di traduttore anche negli anni successivi, parallelamente alla propria produzione e con risultati eccezionali, grazie alla raffinata esperienza di scrittore. Tra le sue numerosissime traduzioni: Ruskin, Eschilo, Shakespeare, Molière, e ancora Cummings, Neruda, Aiken, Euripide, Eluard (quest’ultima uscita postuma). Nel 1947 esce la sua prima raccolta del dopoguerra, “Giorno dopo giorno”, libro che segna una svolta nella poesia di Quasimodo. La poesia di Quasimodo supera quasi sempre lo scoglio della retorica e si pone su un piano più alto rispetto all’omologa poesia europea di quegli anni; il poeta, sensibile al tempo storico che vive, accoglie temi sociali ed etici e di conseguenza varia il proprio stile. Nel 1949 esce “La vita non è un sogno”, ancora ispirato al clima resistenziale. Nel 1950 Quasimodo riceve il premio San Babila e nel 1953 l’Etna-Taormina insieme a Dylan Thomas. Nel 1954 esce “Il falso e vero verde”, un libro di crisi, con cui inizia una terza fase della poesia di Quasimodo, che rispecchia un mutato clima politico. Dalle tematiche prebelliche e postbelliche si passa a poco a poco a quelle del consumismo, della tecnologia, del neocapitalismo, tipiche di quella “civiltà dell’atomo” che il poeta denuncia mentre si ripiega su se stesso e muta ancora una volta la sua strumentazione poetica. Il linguaggio ridiventa complesso, più scabro e suscita perplessità in quanti vorrebbero il poeta sempre uguale a se stesso. Segue nel 1958 un antologia della Poesia italiana del dopoguerra; nello stesso anno compie un viaggio in URSS nel corso del quale venne colpito da infarto, cui segue una lunga degenza all’ospedale Botkin di Mosca.

Il 10 dicembre 1959, a Stoccolma, Salvatore Quasimodo riceve il premio Nobel per la Letteratura. Al Nobel seguirono moltissimi scritti e articoli sulla sua opera, con un ulteriore incremento delle traduzioni. Nel 1960 l’Università di Messina gli conferisce la laurea honoris causa oltre alla cittadinanza onoraria dallo stesso comune.

La sua ultima opera, “Dare e avere” è del 1966: si tratta di una raccolta che è un bilancio della propria vita, quasi un testamento spirituale (il poeta sarebbe morto appena due anni dopo). Nel 1967 è l’Università di Oxford a conferirgli la laurea honoris causa.

Colpito da ictus ad Amalfi, dove si trovava per presiedere un premio di poesia, Quasimodo muore il 14 giugno 1968, sull’auto che lo sta accompagnando a Napoli.

Le opere del Poeta Premio Nobel per la Letteratura sono tradotte in quaranta lingue e sono studiate in tutti i Paesi del mondo.

Leggi anche l’articolo pubblicato su Erasmo di luglio 2021 a firma di Marco Rocchi https://www.grandeoriente.it/magazine/erasmo-n-7-luglio-2021/



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