Roma 14 novembre 2010 – (La Repubblica) Il Napoleone radicale e massone che in famiglia era chiamato Plon-Plon.

Roma 14 novembre 2010 – (La Repubblica) Il Napoleone radicale e massone che in famiglia era chiamato Plon-Plon.

La storia di Girolamo, aristocratico esiliato che visse alle falde del Pincio. Sposò Clotilde di Savoia, la figlia di Vittorio Emanuele II.

Tra i tanti brutti tiri che la Storia può giocare ai singoli individui, c’è anche quello di illuderli di essere al centro degli eventi e per così dire nella cabina di comando, mentre in realtà il loro ruolo è quello di semplici pedine, facili prede del più irrimediabile oblio. Difficile che in questo periodo, in cui tanto si discute e si scrive del Risorgimento e dell’unità d’Italia, qualcuno si azzardi a rievocare il pallido spettro del principe Girolamo Napoleone. A fianco dell’entrata dell’Hotel de Russie, in via del Babuino, una targa ricorda che la «nobile vita» del principe terminò proprio a Roma, il 27 marzo del 1891. Già a quei tempi, in pochi si ricordavano di quell’aristocratico esiliato, venuto a spendere i suoi ultimi giorni alle falde del Pincio. Eppure Girolamo, come di addiceva a un Bonaparte, era vissuto in maniera tutt’altro che noiosa.

Suo cugino Napoleone III, d’accordo con Cavour, l’aveva sposato a Clotilde di Savoia, la figlia di Vittorio Emanuele II. Matrimonio tutt’altro che felice, ma importantissimo, come si può intuire, dal punto di vista politico e diplomatico. Per conto suo, Girolamo nutriva sentimenti tutt’altro che prevedibili per un membro della famiglia imperiale francese imparentato ai Savoia. Gli piacevano quelle che ai suoi tempi si definivano le idee radicali, odiava i preti, ed era un massone. Era amico di Alexandre Dumas, che proprio in compagnia del principe, durante un viaggio nel Mediterraneo, aveva visitato l’isola di Montecristo. Come militare, aveva partecipato a molte guerre, dalla Crimea all’Algeria, alle campagne per l’indipendenza italiana, ma la sua vera passione furono gli intrighi politici e giornalistici, che alla fine gli costarono l’esilio a Roma. L’aspetto pingue e bonario dei suoi ritratti ci suggerisce inoltre l’idea di uomo che amava i piaceri. Se dalla principessa Clotilde ebbe tre figli, altri due ne fece con una dama di compagnia di sua moglie, di trent’anni più giovane di lui. Per completare questo rapidissimo ritratto, non si può tacere il buffo soprannome con cui quest’uomo così energico ed avventuroso era chiamato in famiglia e nella cerchia dei più intimi: Plon-Plon. Come si può vedere, ce n’è abbastanza per un romanzo storico, di quelli in cui i grandiosi scenari della guerra e del potere si mescolano ai più imbarazzanti pettegolezzi privati.

Fosse per me, lo intitolerei proprio «Plon-Plon», perché c’è più verità in questi nomignoli familiari, non si sa se più affettuosi o crudeli, che in intere biblioteche di testimonianze storiche. E a dire la verità, un grande scrittore italiano, che meriterebbe anche lui d’essere ricordato più di quanto oggi si faccia, fu tentato dall’impresa. E se non la portò a termine, ci ha lasciato del tentativo una testimonianza struggente, forse più preziosa dell’opera stessa che non riuscì a compiere. Parlo di Mario Pomilio, autore di libri importanti come «Il cimitero cinese» e «Il quinto evangelio», che nel 1964, durante una visita a Roma (lo scrittore, di origine abruzzese, viveva a Napoli), passeggiando per via del Babuino fu incuriosito dalla targa commemorativa dedicata a Girolamo e intraprese delle ricerche storiche per dar corpo a quel personaggio che gli era venuto incontro, in maniera sommessa e misteriosa, dagli abissi del tempo. A quei tempi, il vecchio albergo di via del Babuino dove il principe aveva trascorso i suoi ultimi giorni, era la sede centrale della RAI. E Pomilio era stato colpito proprio dalla somiglianza dei destini del vecchio palazzo e di quel suo improbabile personaggio, travolti l’uno e l’altro dalla marea del tempo che cancella ogni significato. Come spesso accade, il progetto

Roma 4 novembre 2010 – (Adnkronos) 4 novembre: Raffi (GOI), sia tavola di pace e democrazia per Italia che vuole futuro.

Roma 4 novembre 2010 – (Adnkronos) 4 novembre: Raffi (GOI), sia tavola di pace e democrazia per Italia che vuole futuro.

«Una Repubblica nata per unire. Il 4 novembre, Festa dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate, costituisca una rinnovata tavola di pace e di democrazia per l’Italia che vuole costruire il proprio futuro. Un evento importante nel percorso della nostra Nazione che si avvia a vivere con rinnovata energia e pensieri di costruzione sociale il 150° anniversario dell’Unità d’Italia».

Così Gustavo Raffi, gran maestro del Grande Oriente d’ Italia, in occasione della Festa del 4 novembre.
«Il sogno dei padri risorgimentali -aggiunge Raffi- si realizzò pienamente con il ‘bollettino’ di Vittorio Veneto e l’Italia, da semplice espressione geografica, come l’aveva definita il principe di Metternich, divenne Nazione. Esprimiamo gratitudine alle Forze Armate, presidio delle libere istituzioni, ricordando quanti, fedeli alla nostra Bandiera, sacrificarono la loro vita alla Patria e agli ideali di libertà. Insieme a tutte le coscienze libere del nostro Paese, ci impegniamo soprattutto nelle celebrazioni del cento cinquantenario, a trasmettere alle nuove generazioni la memoria degli eventi che hanno caratterizzato la storia italiana, perchè venga rinnovata da parte di tutti piena fedeltà alla Carta Costituzionale, nella ricorrenza del 62° della sua promulgazione».

«Oltre al valore delle nostre Forze Armate, impegnate in fondamentali compiti di peace-keeping in ogni parte del mondo -prosegue Raffi- desideriamo rivolgere un pensiero a tutti coloro che sul territorio ogni giorno, senza la luce dei riflettori, svolgono un lavoro difficile per garantire la sicurezza in numerose realtà, dal mantenimento dell’ordine pubblico al soccorso contro le calamità naturali. L’Italia di domani -conclude- si costruisce non con i proclami ma attraverso l’esempio delle persone che si misurano sempre con i problemi reali».

(AdnKronos) 4 NOV 2010

Roma 4 novembree 2010 – (AGI) 4 novembre: Raffi (Massoneria), per unire esempio e non proclami.

Roma 4 novembree 2010 – (AGI) 4 novembre: Raffi (Massoneria), per unire esempio e non proclami.

“L’Italia di domani si costruisce non con i proclami, ma attraverso l’esempio delle persone che si misurano sempre con i problemi reali”. Lo dice Gustavo Raffi, Gran maestro del Grande Oriente d’Italia, in occasione della Festa del 4 novembre, e aggiunge: “La festa dell’Unità nazionale e giornata delle Forze armate costituisca una rinnovata tavola di pace e di democrazia per l’Italia che vuole costruire il proprio futuro. Un evento importante nel percorso della nostra nazione che si avvia a vivere con rinnovata energia e pensieri di costruzione sociale il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia”.

“Il sogno dei padri risorgimentali – dice ancora Raffi – si realizzò pienamente con il ‘bollettino’ di Vittorio Veneto e l’Italia, da semplice espressione geografica, come l’aveva definita il principe di Metternich, divenne Nazione. Esprimiamo gratitudine alle Forze armate, presidio delle libere istituzioni, ricordando quanti, fedeli alla nostra bandiera, sacrificarono la loro vita alla patria e agli ideali di libertà. Insieme a tutte le coscienze libere del nostro Paese, ci impegniamo soprattutto nelle celebrazioni del centocinquantenario, a trasmettere alle nuove generazioni la memoria degli eventi che hanno caratterizzato la storia italiana, perchè venga rinnovata da parte di tutti piena fedeltà alla Carta costituzionale, nella ricorrenza del 62esimo della sua promulgazione”.

Il Gran maestro del Goi conclude: “Oltre al valore delle nostre Forze Armate, impegnate in fondamentali compiti di peace-keeping in ogni parte del mondo desideriamo rivolgere un pensiero a tutti coloro che sul territorio ogni giorno, senza la luce dei riflettori, svolgono un lavoro difficile per garantire la sicurezza in numerose realtà, dal mantenimento dell’ordine pubblico al soccorso contro le calamità naturali”.

(AGI) 4 NOV 10

Roma 3 novembre 2010 – (ANSA) Italia 150: Napolitano, il Risorgimento è Storia di Eroi. Celebriamolo senza complessi né cedimenti.

Roma 3 novembre 2010 – (ANSA) Italia 150: Napolitano, il Risorgimento è Storia di Eroi. Celebriamolo senza complessi né cedimenti.

La storia del Risorgimento è una storia di eroi, di persone che hanno sacrificato la loro vita per l’ideale unitario, ha ricordato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, inaugurando al Vittoriano la mostra “Gioventù ribelle”.
“Dobbiamo celebrare i 150 anni dell’Unità – ha aggiunto – senza complessi e senza cedimenti, superando gli effetti di quell’orrore per la retorica, che non deve certo essere rimpianto, ma che ha finito per farci buttare via troppe cose. E ad esempio ha diffuso una riluttanza a parlare di eroi”.

“Ma cos’è il Risorgimento – ha proseguito – se non una storia di eroi. Cos’è stato Goffredo Mameli se non un eroe? Altri protagonisti che hanno sacrificato la loro vita per l’ideale dell’Italia unita. Altri paesi sono più attenti del nostro a non deprimere il loro patrimonio storico, ad esempio, la Scuola Normale Superiore di Parigi ha recentemente dedicato una giornata di studi a ‘Cavour europeo’.

Dunque liberiamoci dai nostri complessi e facciamo attenzione anche a certi cedimenti, ad esempio all’uso sterilmente polemico nel Risorgimento e del movimento unitario con l’occhio al presente. Mi riferisco a teorie come quelle del Risorgimento inteso come rivoluzione fallita, oppure alla tesi storicamente falsa del brigantaggio meridionale, descritto come reazione al processo unitario nazionale. Il brigantaggio c’era già prima, molti anni prima, ed è stato un fenomeno di rivolta sociale contro l’autoritarismo e l’oppressione borbonica. Invece di riconoscere tutto ciò affiora invece un nostalgismo borbonico”.

Napolitano ha invitato a fare attenzione a queste ed altre ricostruzioni semplicistiche del movimento risorgimentale. “Naturalmente anche nel movimento unitario che ha fatto l’Italia – ha detto ci sono stati errori e ce ne sono stati altri poi dopo l’Unità, gravi insufficienze, incapacità di realizzare gli ideali indicati. Ma non mettiamo errori e responsabilità delle classi dirigenti sulle spalle di eroi come Goffredo Mameli. Parlo di errori che si sono ripetuti per decenni, come la mancata risposta all’arretratezza del Mezzogiorno”.

Napolitano ha concluso il suo intervento a braccio e fuori programma ricordando che “la grandezza del processo unitario è data dalla molteplicità delle sue componenti e che la grandezza di Cavour consiste nella capacità di farle confluire in un progetto”.

(ANSA) 3 NOV 10