Autore: goiadmin2
Udine 18 novembre 2010 – (Il Gazzettino) L’omaggio a Celotti.
Sala riunioni di Palazzo Kechler affollata per il quinto seminario di studi massonici in memoriam di Antonio Celotti, decano della Libera Muratoria, scomparso l’anno scorso a 103 anni. Fu noto in regione per essere stato vero e proprio filantropo, autore di un profondo rinnovamento della struttura ospedaliera udinese. Scrisse inoltre il libro «La massoneria in Friuli», pubblicato nel 1982, aggiornato per il suo centesimo compleanno, e, da valente pneumologo, dedicò la sua vita alla cura e alla ricerca medica. Dunque un tributo non formale con il seminario titolato “La laicità dello Stato quale garanzia dei diritti civili” che consolida una tradizione di attenzione, a Udine, di studi nell’ambito del Libero Pensiero.
Se, sul piano istituzionale, il convegno è stato introdotto da Sergio Parmegiani, presidente del “Consiglio dei maestri venerabili” dell’Oriente di Udine e coordinato da Giovanni Maria Cecconi, della Giunta del Goi, arricchito da un saluto di Umberto Busolini, presidente del “Collegio dei maestri venerabili del Friuli Venezia Giulia”, sul piano scientifico si è avvalso dei prestigiosi contributi dello stesso Cecconi e dei docenti universitari e studiosi Fulvio Salimbeni, Enzio Volli e Gian Mario Cazzaniga. Lo stesso Volli, in qualità di Gran Maestro onorario, ha siglato l’incontro con la consegna di due borse di studio, bandite con il “Premio Antonio Celotti” e riservate a giovani laureati dell’ateneo udinese, a Silvia Zanlorenzi e Melisa Idrizi.
Se Cecconi, partendo dal mito di Filemone e e Bauci, ha centrato il tema dell’accoglimento dell’altro e del dialogo, Volli ha rilevato momenti storici di un’Italia fine ottocento molto più moderna, tollerante e avanzata, per l’epoca, di quanto si possa immaginare. Cazzaniga ha discettato lucidamente di “laicità dello stato e pluralismo confessionale” e Salimbeni, con un intervento vibrante e ragionato ad un tempo, ha spiegato quanto il “Risorgimento” sia stato una vera cultura, intrisa di idealità e motivazione, sentimenti civili di cui, oggi, si sente quanto mai bisogno. Il tutto si collegava all’inaugurazione della nuova sede della Loggia “11 Settembre”, a Campoformido, nata pochi anni fa come omaggio alle vittime dell’intolleranza e del fanatismo.
(Il Gazzettino) 18 NOV 10
Grosseto ottobre 2010-settembre 2011 – Per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Un anno di convegni per la loggia “Pacciardi” di Giuncarico.
Iniziativa in collaborazione con l’Antica Società Storica Maremmana e i patrocini di Comune e Provincia di Grosseto La loggia “Randolfo Pacciardi” (1339) di Giuncarico è entrata nel vivo dello spirito celebrativo del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia che anima il Grande Oriente. Con l’Antica Società Storica Maremmana ha programmato, per 11 mesi, una serie di convegni storici che evidenziano il contributo grossetano all’unificazione nazionale e all’epopea garibaldina. L’iniziativa ha avuto i patrocini del Comune e della Provincia di Grosseto che hanno messo a disposizione le proprie sedi.
Primo incontro il 14 ottobre nella sala consiliare del Comune con il convegno “La Maremma il canonico Chelli e l’Unità d’Italia” che ha avuto i contributi del sindaco di Grosseto Emilio Bonifazi, del monsignor Franco Cencioni, direttore dell’Ufficio Beni Culturali e Arte Sacra della Diocesi cittadina, della filosofa Anna Bosco e, per il Grande Oriente d’Italia, del Gran Maestro Aggiunto Massimo Bianchi e del presidente circoscrizionale della Toscana Stefano Bisi. Ha introdotto Paolo Pisani, dell’Associazione Storica Maremmana, e ha moderato i lavori Roberto Breschi, segretario della “Pacciardi”.
Per gli altri appuntamenti si rimanda al 2011. Il 10 febbraio (ore 16) ci sarà il convegno “Garibaldi narrato al popolo” (dagli scritti di Epaminonda Provaglio) che si svolgerà nella sala conferenze della Provincia; stessa location (sempre alle ore 16) per i due incontri successivi il 21 aprile e il 16 giugno con “I panni sudati dei Mille visti da Giuseppe Bandi” e “Alla Garibaldina: un irriverente modo di dire?”. Il programma termina il 15 settembre (ore 16) nella sala consiliare del Comune di Grosseto con “Pagine di storia secondo Bianciardi” (rivisitazione di “La battaglia soda” di Luciano Bianciardi).
Maggiori dettagli saranno comunicati nei prossimi mesi, ma gli organizzatori hanno confermato la presenza, come per il primo convegno, di importanti esponenti della cultura locale, massime cariche delle Istituzioni e vertici del Grande Oriente d’Italia. “Abbiamo cercato di aggiungere allo spirito celebrativo – hanno evidenziato – anche un pizzico di originalità e di novità e leggendo il programma, che spazia dalla figura del Canonico Chelli, a Giuseppe Bandi, sino allo scrittore Luciano Bianciardi e alla sua ‘La battaglia soda’, riteniamo gli incontri di grande interesse”.
Cronaca del convegno del 14 ottobre
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Roma 14 novembre 2010 – (La Repubblica) Il Napoleone radicale e massone che in famiglia era chiamato Plon-Plon.
La storia di Girolamo, aristocratico esiliato che visse alle falde del Pincio. Sposò Clotilde di Savoia, la figlia di Vittorio Emanuele II.
Tra i tanti brutti tiri che la Storia può giocare ai singoli individui, c’è anche quello di illuderli di essere al centro degli eventi e per così dire nella cabina di comando, mentre in realtà il loro ruolo è quello di semplici pedine, facili prede del più irrimediabile oblio. Difficile che in questo periodo, in cui tanto si discute e si scrive del Risorgimento e dell’unità d’Italia, qualcuno si azzardi a rievocare il pallido spettro del principe Girolamo Napoleone. A fianco dell’entrata dell’Hotel de Russie, in via del Babuino, una targa ricorda che la «nobile vita» del principe terminò proprio a Roma, il 27 marzo del 1891. Già a quei tempi, in pochi si ricordavano di quell’aristocratico esiliato, venuto a spendere i suoi ultimi giorni alle falde del Pincio. Eppure Girolamo, come di addiceva a un Bonaparte, era vissuto in maniera tutt’altro che noiosa.
Suo cugino Napoleone III, d’accordo con Cavour, l’aveva sposato a Clotilde di Savoia, la figlia di Vittorio Emanuele II. Matrimonio tutt’altro che felice, ma importantissimo, come si può intuire, dal punto di vista politico e diplomatico. Per conto suo, Girolamo nutriva sentimenti tutt’altro che prevedibili per un membro della famiglia imperiale francese imparentato ai Savoia. Gli piacevano quelle che ai suoi tempi si definivano le idee radicali, odiava i preti, ed era un massone. Era amico di Alexandre Dumas, che proprio in compagnia del principe, durante un viaggio nel Mediterraneo, aveva visitato l’isola di Montecristo. Come militare, aveva partecipato a molte guerre, dalla Crimea all’Algeria, alle campagne per l’indipendenza italiana, ma la sua vera passione furono gli intrighi politici e giornalistici, che alla fine gli costarono l’esilio a Roma. L’aspetto pingue e bonario dei suoi ritratti ci suggerisce inoltre l’idea di uomo che amava i piaceri. Se dalla principessa Clotilde ebbe tre figli, altri due ne fece con una dama di compagnia di sua moglie, di trent’anni più giovane di lui. Per completare questo rapidissimo ritratto, non si può tacere il buffo soprannome con cui quest’uomo così energico ed avventuroso era chiamato in famiglia e nella cerchia dei più intimi: Plon-Plon. Come si può vedere, ce n’è abbastanza per un romanzo storico, di quelli in cui i grandiosi scenari della guerra e del potere si mescolano ai più imbarazzanti pettegolezzi privati.
Fosse per me, lo intitolerei proprio «Plon-Plon», perché c’è più verità in questi nomignoli familiari, non si sa se più affettuosi o crudeli, che in intere biblioteche di testimonianze storiche. E a dire la verità, un grande scrittore italiano, che meriterebbe anche lui d’essere ricordato più di quanto oggi si faccia, fu tentato dall’impresa. E se non la portò a termine, ci ha lasciato del tentativo una testimonianza struggente, forse più preziosa dell’opera stessa che non riuscì a compiere. Parlo di Mario Pomilio, autore di libri importanti come «Il cimitero cinese» e «Il quinto evangelio», che nel 1964, durante una visita a Roma (lo scrittore, di origine abruzzese, viveva a Napoli), passeggiando per via del Babuino fu incuriosito dalla targa commemorativa dedicata a Girolamo e intraprese delle ricerche storiche per dar corpo a quel personaggio che gli era venuto incontro, in maniera sommessa e misteriosa, dagli abissi del tempo. A quei tempi, il vecchio albergo di via del Babuino dove il principe aveva trascorso i suoi ultimi giorni, era la sede centrale della RAI. E Pomilio era stato colpito proprio dalla somiglianza dei destini del vecchio palazzo e di quel suo improbabile personaggio, travolti l’uno e l’altro dalla marea del tempo che cancella ogni significato. Come spesso accade, il progetto
Praga 27 novembre 2010 – A Praga una loggia tutta italiana.
A Praga ‘lavora’ dal novembre 2008 una loggia italofona all’obbedienza della Gran Loggia della Repubblica Ceca. È dedicata a Giovanni Battista Santini, architetto boemo di origine italiana, massimo esponente dell’alto barocco ceco. Al suo interno, non solo si parla italiano, ma si adottano rituali e paramenti del Grande Oriente d’Italia perché è costituita da fratelli italiani che vivono e lavorano da tempo in terra boema.
La prossima tornata è il 27 novembre (ore 17,30) nel Centro massonico di Na Kozacce 4 (entrata dalla via Cermákova – Praga 2) e i fratelli della “Santini” si augurano di avere una partecipazione numerosa. Praga è una delle più belle capitali europee e, se capita, perché non fare visita ai nostri fratelli italo-cechi?
Per contatti e informazioni, anche sulle prossime tornate, rivolgersi a Marco Pasqualetti:
(pasqua@seznam.cz – praga-santini@seznam.cz)
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