Il 1 dicembre 1970 fu approvata la legge sul divorzio. Una battaglia vinta dal fratello Loris Fortuna e cominciata nell’Ottocento da massoni come Morelli, Villa, Zanardelli

Il 1º dicembre di cinquantacinque anni fa, il Parlamento italiano approvò in via definitiva la legge a firma di Fortuna-Baslini, che introduceva il diritto al divorzio venne nell’ordinamento giuridico del nostro paese. Si concludeva così un percorso iniziato nel XIX secolo da parlamentari come Salvatore Morelli, Tommaso Villa e Giuseppe Zanardelli: tutti massoni, protagonisti del progetto di laicizzazione dello Stato, interrotto bruscamente dal fascismo. Anche Loris Fortuna e Antonio Baslini avevano proseguito idealmente quella stessa tradizione: Fortuna, in particolare, era stato iniziato in una loggia della Gran Loggia del Territorio Libero di Trieste, in sintonia con il Grande Oriente d’Italia.

Nato nel 1924, partigiano nelle Brigate Osoppo e Friuli, deportato dai nazisti nel 1944, Fortuna tornò in Italia e si laureò in Giurisprudenza. Dopo l’adesione al PCI e la rottura del 1956 per la repressione sovietica in Ungheria, entrò nel Partito Socialista, con cui fu deputato dal 1963 per sei legislature. Ricoprì anche gli incarichi di Ministro della protezione civile e Ministro per le politiche comunitarie.

La legge sul divorzio fu il risultato di dieci anni di battaglie, ostacoli politici e accuse di incostituzionalità. Ma il suo impegno per i diritti civili andò ben oltre: tutela dei lavoratori, obiezione di coscienza, riforma del diritto di famiglia, aborto, libertà d’espressione, diritti delle minoranze, depenalizzazione della cannabis, parità di genere, diritti degli animali, trasparenza parlamentare, voto degli italiani all’estero. Una produzione legislativa impressionante per quantità e lungimiranza.

Negli ultimi mesi di vita, nel dicembre 1984, presentò la prima proposta organica sull’eutanasia passiva: un intervento memorabile per rivendicare il diritto a una morte dignitosa. Loris Fortuna passò all’Oriente Eterno nel 1985, a 61 anni. Resta figura cardine della tradizione laica, progressista e massonica italiana, simbolo di coraggio politico, testimone del fatto che i diritti non si concedono, ma si conquistano.



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