
Altri documenti e riscontri sono stati trovati negli archivi. Così ci sarà presto una nuova edizione ampliata del volume “Le dittature serrano i cuori” (Betti editore) in cui il Gran Maestro Stefano Bisi ricostruisce le violenze fasciste della notte del 3 ottobre del 1925 a Firenze e in particolare l’omicidio di un giovane ferroviere massone, Giovanni Becciolini, trucidato dalle camicie nere. Un cold case al quale Bisi sta lavorando con grande passione. L’annuncio della nuova versione del libro in arrivo è stata data lunedì 26 maggio a Roma, durante la presentazione dell’edizione del saggio attualmente in libreria, al Circolo “Giustizia e Libertà” di via Andrea Doria, luogo simbolo della memoria della resistenza. Un evento al quale hanno preso parte lo storico Enrico Serventi Longhi (collaboratore della Fondazione Paolo Murialdi e curatore di Antisemitismo di Carta) il giornalista Michele Lembo (vice caporedattore di Radio Radicale) e Salvatore Rondello (presidente del Circolo Giustizia e Libertà di Roma),
Lettere ritrovate, testimonianze, su cui era calato l’oblio, frammenti di notizia di stampa, già allora al bavaglio, stanno aiutando Bisi a trovare i tasselli mancanti di un puzzle difficile da ricomporre. Un puzzle che ha tra i protagonisti principali Becciolini, che cercò di proteggere Napoleone Bandinelli, maestro venerabile della sua loggia finito nel mirino delle camicie nere che avevano fatto irruzione nella sua abitazione a caccia degli elenchi dei massoni fiorentini. Un blitz che si concluse con la morte di uno squadrista della quale venne accusato il giovane ferroviere, che trascinato davanti al vicino mercato, fu colpito da 63 proiettili, che non lo uccisero e resero lunga e atroce la sua agonia, tanto che fu portato poi alle Fontanelle, “perché dopo tanto fuoco godesse un po’ d’acqua”, dissero cinicamente i suoi aguzzini. C
Becciolini non fu l’unica vittima di quella terribile mattanza. Nell’ ospedale in cui fu portato, si spensero accanto a lui, quattro operai, anche loro trucidati. Uomini ai quali Bisi vorrebbe restituire nome, dignità e onore. Non solo. Un altro massone, l’avvocato Gustavo Console, corrispondente del quotidiano socialista “Avanti!” fu ucciso quella notte a Firenze. Pochi giorni prima aveva scritto a Pietro Nenni una durissima denuncia sul clima d’odio, violenza e tradimenti che si respirava in città. Fu nel suo studio che si era tenuto l’ultimo Congresso provinciale socialista, già clandestino; e fu dal suo studio che erano partiti i primi pacchi del “NON MOLLARE”, il giornale clandestino di Salvemini, di Ernesto Rossi e di Carlo e Nello Rosselli. E a pagare con la vita quella cieca follia fascista fu anche Gaetano Pilati, ex deputato e mutilato di guerra, figura di rilievo del socialismo fiorentino, che venne aggredito in casa da alcuni squadristi della Disperata, il più feroce gruppo di miliziani fiorentini. Entrarono dalla finestra e gli spararono alcuni colpi di pistola. Pilati fu portato agonizzante in ospedale, dove però morirà il 7ottobre a causa delle gravi ferite.
Storie, talmente intense, che a scriverne sembra quasi di riviverle, di sentire l’odore del fumo, i colpi sulle porte delle case, il rumore della violenza, la paura, il coraggio, ha raccontato Bisi che per il giorno del centenario della strage ha proposto alla città di Firenze un “Itinerario per la Libertà”, attraverso i luoghi simbolici di quella notte. Un percorso che potrebbe idealmente iniziare da via dell’Ariento, accanto al Mercato di San Lorenzo, dove Becciolini fu assassinato; proseguire in via Dandolo, dove abitava Pilati, e concludersi in via Bertelli, dove venne ucciso Console. Tre luoghi-simbolo della violenza squadrista, oggi ancora segnati da lapidi commemorative che meritano una rinnovata attenzione pubblica.
Una narrazione quella di Bisi fatta da giornalista, in presa diretta, che come ha ricordato Serventi Longhi, si inserisce nel più ampio processo di costruzione del potere fascista. Dopo l’assassinio di Matteotti nel 1924, che fu un momento di luce e chiarimento, che indusse chi era indeciso a schierarsi e a prendere posizione, il 1925 fu l’anno della svolta totalitaria: con il discorso del 3 gennaio in Parlamento e con l’emanazione delle cosiddette leggi fascistissime – la prima delle quali colpì proprio la Massoneria – il regime, ha sottolineato lo storico, completò la sua metamorfosi autoritaria. Mussolini, come nel caso Matteotti, prese le distanze dagli omicidi di Firenze per salvare la facciata “istituzionale” del potere. Ma la strategia del “doppio binario” – repressione violenta da un lato e costruzione del consenso dall’altro – si mostrava ormai in tutta la sua brutalità. Il 5 ottobre con lo scopo di minimizzare la gravità dell’episodio e placare la situazione, si recò a Firenze il segretario del partito fascista Roberto Farinacci per volere di Benito Mussolini, il quale ormai da tre anni al potere e non poteva consentire altri episodi del genere. Nonostante la visita di Farinacci, non venne preso nessun provvedimento nei confronti dei responsabili, e solo nel maggio 1927 iniziò un processo, che peraltro vide l’assoluzione dei tre aggressori, nonostante la testimonianza della moglie di Pilati Amedea Landi (1885-1972) che aveva riconosciuto gli assassini, e alla quale sarebbe stata conferita nel 1992 la Medaglia d’oro al valor civile alla memoria.
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