Equinozio di Autunno – XX Settembre 2011

Equinozio di Autunno – XX Settembre 2011

Allocuzione del Gran Maestro Gustavo Raffi

“Il punto è vivere ogni cosa. Vivere le domande ora”. Questa riflessione di Rainer Maria Rilke, che mi ha fatto spesso compagnia, individua anche il senso del percorso che – insieme – vogliamo portare a termine. In queste parole si delinea, infatti, la possibilità – profondamente etica – di trovare anche per l’Italia un nuovo passaggio a Occidente: un diverso modo di abitare le differenze che costituiscono la trama dell’umanità più profonda. Non si tratta di come anestetizzare i problemi, ma di come affrontarli. Oggi, al nostro Paese – stanco e moralmente demoralizzato – non serve una scorciatoia demagogica e populista. Serve una chiara presa di posizione contro ogni pensiero unico, ogni trasformismo e apatia. Bisogna inaugurare una stagione di pensiero autenticamente democratico e liberale. Bisogna lottare per un pensiero che sia laico e solidale. Per questo, nel “nostro viaggio identitario e di progetto per l’Italia” – come l’ha felicemente definito Valerio Zanone nel convegno di Reggio Calabria – non vogliamo celebrazioni museali o retoriche celebrative. Vogliamo allestire, invece, un cantiere di riflessione e di proposte per la Nazione, ponendo le basi per un possibile cambiamento. Cambiamento che tutti auspicano, ma che tarda a venire.
Il nostro compito è la conoscenza e la ricerca profonda. E’ l’eresia del pensiero libero contro la logica del gregge. E’ la lotta contro il male più insidioso del nostro tempo: l’incertezza. Quella dei giovani che non hanno futuro, quella dei vecchi che non hanno più sicurezze. Basta con le lamentele e il piangersi addosso: ci vogliono risposte. E’ il momento di curare, non di dare spazio alle vuote parole di uomini e di caste privilegiate che hanno finito il loro tempo. Basta: una volta per tutte! Vogliamo il nuovo e il sensato.
Nella nostra bisaccia di viandanti – in tutto questo anno di celebrazioni del centocinquantenario dell’Unità d’Italia – abbiamo portato un pensiero. Si radica in quell’idea risorgimentale che ha cementato l’unità di Patria. Che ha prodotto una generazione di ribelli che hanno cambiato il destino del Paese: del nostro Paese. In nome di questo comune sentire è necessario un Nuovo Patto di Fratellanza, capace di farci uscire dalle secche del declino economico e morale in cui ci sentiamo arenati.
Non basta governare a qualunque costo, se mancano – lo diceva già il grande Agostino – i valori nel cui nome governare. Nel nostro caso, nel nostro tempo e per noi, i valori devono essere le virtù laiche e le conquiste civili. Sono quelle idee-forza capaci di farci superare quelle che Norberto Bobbio chiama “le promesse non mantenute della democrazia”. La laicità – Massimo Teodori ce lo ricorda – non ha esaurito la sua missione, facendosi sostituire dall’economia e dalla finanza. E neppure da vecchi schemi e dogmatismi religiosi che hanno fatto il loro tempo e non onorano l’impegno morale e civile – ma non politico – della Chiesa. Che non ha l’esclusiva sulle coscienze libere di questo Paese.
Esiste – e deve rafforzarsi – una libertà laica che è la conquista migliore dell’Italia Unita. E che deve diventare il collante etico della vita sociale e politica: in una parola, dell’essere cittadini e non sudditi. Deve diventare la comunanza di regole condivise quotidianamente e improntate al reciproco rispetto, all’apertura e al confronto. Ecco perché siamo contro una religione-immagine e una politica fiction che, rinunciando a capire la storia, si è preclusa la possibilità di produrre futuro per trasformarsi nel potere dei sondaggi e nell’amministrazione dell’esistente, senza essere in grado di disegnare un destino comune.
Per questo, l’antica capacità di dubitare dei Liberi Muratori – che non appartengono a nessuno – è un punto di partenza per costruire un futuro: a partire dalla transizione che stiamo vivendo. Una parola e un esempio tra-i-tempi. Ma non rinunciamo alla nostra storia né ai nostri valori. Non aveva torto Toqueville, quando scriveva: “Quando sento la mano del potere che preme sulla mia fronte, m’importa poco di sapere chi mi opprime, né sono meglio disposto a chinare la testa sotto il giogo, per il solo fatto che un milione di braccia me lo impongono”. Per questo, la nostra scommessa è la Libertà. E il nostro nemico è il conformismo.

Per questo non possiamo vivere nelle ‘case’ del Grande Fratello, ma vogliamo curare i ‘crampi’ della democrazia, dando risposte ai giovani, rilanciando la scuola pubblica, la cultura e il Sud, e offrendo un terreno di confronto a tutti coloro che cercano lavoro e diritti. Che vogliono quei ‘beni relazionali’ – le cooperative di volontariato, il mondo non profit, le fondazioni civili e gli istituti di ricerca – che sono il sale di una moderna democrazia sociale e solidale. Questa è la vera democrazia: non quella sempre gregaria di qualcuno. Non quella che lascia la ‘casa degli italiani’ ancora incompiuta, come ricorda – ormai quotidianamente e a ragione – il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Questo richiede a tutti gli italiani uno sforzo comune di partecipazione e costruzione: in nome delle ragioni dei molti e non dell’interesse dei pochi. In nome di quel mondo in-comune – come ricordava Heidegger – in cui la Libera Muratoria si riconosce e si vive come punto di riferimento sicuro di valori e di prassi civili nell’epoca del disincanto, della crisi morale, del conformismo e della superficialità. E sapendo che non siamo soli. Siamo, infatti, parte del destino dell’Europa. “Se l’Europa vuole essere un modello per il mondo moderno – ha scritto Le Goff – deve invece rispettare gli altri, aprirsi agli altri. E’ aprendosi che, fin dai tempi dei Greci, l’Europa ha fatto grandi cose”. Dobbiamo farle ancora.
Per raggiungere questo scopo non bisogna chiudersi. Bisogna aprirsi ad una poli-identità. L’Italia e l’Europa devono ripensarsi a partire dal Mediterraneo, che è archi-pelagus, il mare per eccellenza: luogo di ogni confronto e scambio, luogo di ogni idea e storia. E “il Mediterraneo – scrive Braudel – non si è mai rinchiuso nella propria storia, ma ne ha rapidamente superato i confini. Là tutto ha circolato precocemente. Là si sono compiuti gli scambi decisivi”.
Dobbiamo, allora, gettare ponti e aiutare a costruire nella speranza. Dobbiamo riscoprire il valore della differenza e vivere un nuovo patto di fratellanza: anche nei confini liquidi di nuove tensioni quali quelle che il nostro Paese affronta e dovrà affrontare. Dobbiamo ritrovare l’identità, senza sentirci assediati. Ha ragione il filosofo Giuseppe Cantarano quando annota che “una civiltà ha bisogno di conti. Ma forse ha bisogno soprattutto di racconti…”.
Per questo, abbiamo bisogno di passione, di ragione e di confronto. Chi non ha paura del confronto, può guardare al domani. Perché fin quando ci sarà un solo uomo, ci sarà sempre bisogno di confronto e di dialogo. E lì ci sarà la Libera Muratoria – come sempre c’è stata – per accompagnare il cammino di chi vuol dialogare.
Alla vigilia della barbarie nazista, Walter Benjamin scriveva: “Nei nostri libri di lettura c’era la favola del vecchio che, sul letto di morte, da’ a intendere ai figli che nella sua vigna è nascosto un tesoro. Loro non avevano che da scavare. Scavano, ma del tesoro nessuna traccia. Quando però viene l’inverno, la vigna rende come nessun’altra nell’intera regione. I figli allora si resero conto che il padre aveva loro lasciato un’esperienza: non nell’oro sta la fortuna, ma nell’operosità”.
Anche noi abbiamo avuto questo messaggio dai Padri della Patria che ci hanno insegnato ad amare la nostra terra e ad abitarne la speranza. Ne abbiamo raccolto la lezione di libertà e laicità. Noi non stiamo fermi. Non vogliamo stare fermi. Non staremo fermi.

Roma, Villa il Vascello 17 settembre 2011


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