Il Gran Maestro Bisi: “Ripensiamo il modello Europa con il confronto, il dialogo, la solidarietà”

La sfida europea va vinta. Come? Ripensando il “modello Europa”, con il confronto, il dialogo, la solidarietà comune. Senza creare economie di serie A e B, superando le divisioni nazionali. Lo ha sottolineato il Gran Maestro Stefano Bisi, nel suo intervento al convegno organizzato a Roma dal Rito Scozzese Antico ed Accettato dedicato al rapporto tra Italia ed Europa e “a quelle tre parole che sono ormai entrate con grande clamore e anche con comprensibile paura nell’immaginario collettivo e nelle case non solo degli italiani: Crisi, Fiscal Compact e Spending Review”.

All’evento, che si è tenuto il 24 gennaio alle ore 15.30 a Roma all’Hotel The Westin Excelsior (Via Vittorio Veneto, 125) è intervenuto il Sovrano Gran Commendatore dello RSAA Luigi Milazzi; il prof. Giulio Sapelli (Università degli studi di Milano) ha tenuto una relazione su “L’Europa nella decadenza dell’ordine mondiale”. “Verso quale Europa?” è stato l’interrogativo al centro dell’intervento dell’on. Antonio Martino. Mentre “La nuova idea di Stato tra liberismo e neoprogrammazione” il tema affrontato dall’on. Giuseppe Caldarola, “Costo della non-Europa” dal sen. Mario Mauro e “Entrare nell’Euro. Sul serio” dal prof. Nicola Rossi (Università di Tor Vergata.

L’Europa dal 2008 è in crisi ma ha dalla sua una grande tradizione ed un patrimonio storico e culturale che nel corso dei secoli è stato basilare al progresso dell’Umanità. Non dobbiamo dimenticare – ha ricordato il Gran Maestro- che è stata la culla delle Università. Non dobbiamo dimenticare che è stata la madre di grandi rivoluzioni, di movimenti di pensiero e filosofici che hanno fatto nascere ed elaborato principi e valori fondamentali come quelli di Tolleranza, Libertà, Uguaglianza. Nello stesso tempo ha vissuto momenti di declino, di barbarie, di guerre fratricide che hanno avuto nei due sanguinosi conflitti mondiali l’apice dell’umana sciagura. Dopo 70 anni di pace ed a quasi 60 dai Trattati di Roma, si ritrova al bivio cruciale della Storia. Deve riuscire a superare l’impasse per realizzare una costruzione economica-politica-costituzionale salda e solidale, per scongiurare il rischio di avvinghiarsi nella spirale di una crisi economico-politica che rende incognito il futuro nostro e dei nostri figli. Che ci obbliga a ripensare i fondamenti stessi delle nostre identità. Che ci rende più vulnerabili”.

Politici, giuristi, economisti, sociologhi, ha aggiunto, propongono tesi e antitesi. C’èi difende l’Euro e l’attuale Unione. E c’è chi afferma che più che Fiscal Compact, sarebbe meglio ridefinirlo Fiscal Disfact. Lo scenario per molti analisti non permette di edificare quei ponti generazionali che sono legati ai pubblici investimenti. “Non sono antieuropeista – ha sottolineato Bisi- ma credo che con i fondi che da qui al 2018 saranno tagliati noi italiani potremmo ristrutturare tante scuole che cadono a pezzi, dando lavoro alle imprese. Investire sulla scuola, migliorando gli stipendi degli insegnanti, darebbe competitività alla ricrescita. Il futuro sono i giovani e i giovani vanno formati da insegnanti motivati in un ambiente più consono allo studio. Ma se il rigore dei conti è necessario è anche vero che bisogna sapere spendere bene i pochi soldi rimasti e premiare merito ed efficienza”.

Poi il Gran Maestro ha fatto riferimento alla querelle immigrazione che vede l’Italia in prima fila con gli sbarchi a Lampedusa. “Un problema -ha detto- che va risolto con due parole: solidarietà e condivisione. Tutto ciò mentre incombe la minaccia del terrorismo di matrice islamica di cui abbiamo visto i suoi folli e tragici attacchi alla Libertà con i giornalisti di Charlie Hebdo e le altre persone vigliaccamente uccise in Francia. Ma la sfida Europea va vinta. Come? Ripensando il “modello Europa”, con il confronto, il dialogo, la solidarietà comune. Senza creare economie di serie A e B, superando le divisioni nazionali”. Citando il sociologo Ulrich Beck, scomparso da poco, Bisi ha detto: Serve una parola nuova per comprendere l’europeizzazione. L’Europa non è uno Stato, non è un’unità territoriale, una nazione o una condizione definitiva. Per questo serve una parola nuova: per definire una geometria variabile, interessi nazionali variabili, relazioni interne ed esterne variabili, confini variabili, una democrazia variabile, un concetto di stato variabile e un’identità variabile. E per migliorarla serve un atto di coraggio. Diceva lo storico Jacob Burckhardt: “I grandi cambiamenti storici sono sempre ottenuti a caro prezzo, spesso dopo che si è creduto di averli a buon mercato”.



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