XX Settembre 2018. L’omaggio del Grande Oriente al Gianicolo e a Porta Pia

“Un fulmine lo ha colpito. Ma Garibaldi è ancora qui. Abbiamo scritto una lettera al sindaco di Roma Virginia Raggi per dire che siamo disponibili a partecipare al restauro della statua di Garibaldi. Siamo in attesa di una risposta  ma c’è da rispettare i tempi delle decisioni dell’amministrazione romana.  Intanto fa piacere vedere che i lavori già fervono. Il nostro auspicio è che si concludano al più presto”. Lo ha detto il Gran Maestro Stefano Bisi, che nella ricorrenza  del XX Settembre ha voluto in primo luogo recarsi sul Gianicolo a rendere omaggio a Giuseppe Garibaldi, il cui monumento è stato pesantemente danneggiato da un fulmine che ha colpito il basamento il 7 settembre scorso provocando numerose lesioni ai bassorilievi,  e per la prima volta, anche alla sua compagna Anita, eroina e simbolo di tante battaglie per la libertà, morta il 4 agosto del 1849 a Mandriole, vicino a Ravenna. Una cerimonia, alla quale hanno preso parte  tantissimi fratelli con i labari delle loro logge. La statua dell’Eroe dei due mondi, opera dello scultore e anche lui libero muratore,  Emilio Gallori, è stata transennata.

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Collocata sul punto più alto del colle, l’imponente statua in bronzo, la cui fusione fu eseguita nella Fonderia Galli,  poggia su un piedistallo in marmo, ai lati del quale sono scolpite le figure allegoriche dell’Europa e dell’America, oltre ai bassorilievi che rievocano lo sbarco a Marsala, la resistenza di Boiada, la difesa di Roma e il gruppo della libertà. Sui gradini a destra del basamento Ettore Ferrari, scultore, massone, Gran Maestro del Grande Oriente dopo Ernesto Nathan e autore del monumento a Giordano Bruno,  aveva creato una corona, per ricordare che Garibaldi fu il primo Gran Maestro della Massoneria italiana. Corona, che durante il fascismo venne sostituita con simboli fascisti, e solo nel 1943  riposizionata, anche se non più l’originale. Nella prima versione della statua Garibaldi  aveva la testa rivolta verso il Vaticano, ma poi riorientata verso il Gianicolo e in questa nuova posizione solo il cavallo guarda il cupolone.

Il posizionamento del monumento diede adito a diverse interpretazioni di natura politica, essendo stato inaugurato quando ancora le relazioni fra il Regno d’Italia e la Santa Sede erano interrotte. La versione ufficiale dichiarava che l’Eroe volgeva lo sguardo verso il Vaticano. Dopo i Patti Lateranensi del 1929, la statua fu voltata verso il Gianicolo per volere del Vaticano stesso. Il monumento è stato restaurato dal Comune di Roma nel 1990.  L’iniziativa di erigere il monumento venne ufficializzata con il decreto  reale del 3 giugno 1882, giorno successivo alla morte di Giuseppe Garibaldi. La scelta del luogo cadde sul Gianicolo, dove ancora vivo era il ricordo dell’epopea garibaldina dei giorni della Repubblica Romana. Dal decreto si passò, l’anno successivo, al bando del concorso pubblico e prese vita, con Agostino De Pretis alla Presidenza, la commissione composta da artisti, deputati, senatori e dal sindaco di Roma Leopoldo Torlonia. Nel bando del concorso veniva indicato il luogo preciso del Gianicolo in quanto la commissione sentiva il dovere di fornire al concorrente tutti gli elementi necessari allo studio dell’opera da erigere e dello spazio a disposizione. A tal proposito,  scriveva l’architetto Camillo Boito, membro della commissione: “La massa del monumento, la stessa sua composizione, la scelta dei materiali, la grandezza e lavoratura dei particolari, dipendono in parte dalle condizioni anche secondarie del luogo”. Così, dopo attento esame, fu scelta la zona di proprietà dei Wedekind, il punto più alto di Roma, sopra il giardino di S. Pietro in Montorio, luogo particolarmente eccellente e idoneo alla rievocazione dei tragici gloriosi momenti della difesa di Roma. Nel 1884 in una mostra nel Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale furono presentati al giudizio del pubblico 36 bozzetti in cui, in obbedienza alle indicazioni del bando, doveva “campeggiare”, a cavallo o no, la statua in bronzo di Garibaldi. Tanto il giudizio della commissione reale, quanto quello della critica più autorevole si concentrarono favorevolmente sui progetti di tre scultori, già noti nell’ambiente romano. Durante un secondo esame per la scelta definitiva, la commissione rifiutò  il bozzetto di Ettore Ferrari, perché l’iconografia appariva troppo complessa e sovrabbondante e rifiutò  il bozzetto di Ximenes-Guidini, perché la forma piramidale, anche se un tempo descritta e desiderata da Garibaldi stesso, non lasciava campeggiare la statua equestre, nonostante i suoi 40 metri di altezza. Le preferenze andarono al modello di Emilio Gallori, ispirato a monumenti equestri rinascimentali e in obbedienza al gusto del momento. Lo stesso Gallori, per chiarire i motivi che lo avevano ispirato nella realizzazione del proprio progetto, così si espresse: “Nella figura equestre ho cercato di imprimere quella serenità e quella calma, che non possono discompagnarsi da una figura come quella di Garibaldi, generoso, filosofo, sempre umanitario”. Inoltre il momento storico richiedeva la celebrazione di un Garibaldi non guerrigliero e rivoluzionario, ma un condottiero virtuoso e accorto, sostenitore della pace mondiali. Si giunge al momento solenne dell’inaugurazione, fissata nel programma del Municipio per il 21 settembre 1895, ma anticipata al 20, in occasione del venticinquesimo anniversario della breccia di Porta Pia. La celebrazione sul Gianicolo fu senz’altro la più importante e raccolse intorno al monumento oltre 30.000 invitati giunti da ogni parte d’Italia, o meglio, da quelle province e da quei comuni che deliberarono la propria partecipazione, aderendo alla richiesta del governo e superando ogni ostacolo di carattere polemico oltre che politico.

A Porta Pia il Grande Oriente celebra il XX Settembre 2018

La delegazione del Grande Oriente si è recata poi a deporre una corona d’alloro in memoria dei  Caduti della Breccia di Porta Pia, presso la lapide nelle Mura Aureliane che ricorda la storica battaglia che il 20 settembre 1870 si combatté tra le truppe italiane, guidate dal generale Raffaele Cadorna e l’esercito papalino, e che sancì l’annessione di Roma al Regno d’Italia, decretando la fine dello Stato Pontificio quale entità storico-politica.  Una cerimonia breve a causa della pioggia incessante. “Non ci ferma nessuno – ha detto il Gran Maestro –  Siamo qui oggi e ci saremo sempre. Il 20 settembre è una data importantissima per noi.  Fu la realizzazione di un sogno, la realizzazione di una speranza. E alle speranze abbiamo voluto dedicare le celebrazioni di quest’anno”.

La storica battaglia ebbe inizio alle 5,15 di mattina per concludersi alle 10,05 dello stesso giorno, quando le truppe papaline alzarono la bandiera bianca. L’apertura di quelle mura segnò la nascita dell’Italia come nazione e diede inizio alla modernità. Il 20 Settembre diventò festa nazionale nel 1895, per poi essere cancellata nel 1930 dopo la firma dei Patti Lateranensi. Un momento epico della nostra storica, raccontato così da Edmondo De Amicis, l’autore di Cuore, nelle vesti di cronista al seguito degli artiglieri italiani: “Porta Pia era tutta sfracellata; la sola immagine della Madonna, che le sorge dietro, era rimasta intatta; le statue a destra e a sinistra non avevano più testa; il suolo intorno era sparso di mucchi di terra; di materassi fumanti,di berretti di Zuavi, d’armi, di travi, di sassi. Per la breccia vicina entravano rapidamente i nostri reggimenti”. L’apertura di quelle mura segnò la nascita dell’Italia come nazione e diede inizio alla modernità. Il 20 Settembre diventò festa nazionale nel 1895, per poi essere cancellata nel 1930 dopo la firma dei Patti Lateranensi. . Recentemente sono stati presentati disegni di legge per ripristinare la ricorrenza nello spirito della conciliazione tra valori laici e valori cattolici.

 



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