“L’Italia delle speranze”. Abbiamo fiducia e quanto nell’avvenire? Tavola Rotonda al Vascello

Abbiamo fiducia e quanto nell’avvenire e qual è la portata delle nostre speranze? E’ l’interrogativo al quale hanno cercato di dare risposte intellettuali ed esperti nel corso del dibattito che si è tenuto il 22 settembre al Vascello nell’’ambito delle manifestazioni dedicate alle celebrazioni della breccia di Porta Pia e dell’Equinozio di Autunno. Un evento, introdotto dal giornalista Claudio  Giomini , al quale hanno preso parte Massimo Carpinelli, fisico, visitor professor al Cern di Ginevra, rettore dell’Università di Sassari,  Ernesto Galli della Loggia, storico dell’Università di Perugia, editorialista del Corriere della Sera,  Alessandro Giuli, editorialista per i quotidiani Libero, il Tempo, il Corriere dell’Umbria, e per il sito Linkiesta, Gian Maria  Fara, presidente delll’Eurispes e Piergiorgio Odifreddi, matematico e saggista  e che è stato concluso dal Gran Maestro Stefano Bisi. Ha moderato  il dibattito Giancarlo Loquenzi,  giornalista radiofonico, conduttore di Zapping, che nel dare il via agli interventi ha tenuto a porre al centro della discussioneo il concetto di speranza, non come nostro personale sentire, ma come comune sentire, necessario a dare slancio a un progetto condiviso di costruzione del futuro del mondo e in particolare della nostra Italia.  Una riflessione che è stata declinata attraverso punti di vista diversi, talora convergenti, talora no.


Galli della Loggia: Per l’Italia c’è bisogno di un’operazione verità

Assolutamente pessimista su quello che si prospetta per l’avvenire del nostro paese non ha esitato a dichiararsi Galli della Loggia. Il fallimento delle speranze italiane è precedente, ha detto, agli anni Ottanta E’ stato  allora che l’Italia, che negli Anni Cinquanta e Sessanta, si era mostrata in grado di primeggiare, sorpassando anche il  Prodotto interno lordo della Gran Bretagna , si è fermata. Avrebbe dovuto fare delle riforme, cambiare alcune cose. Da allora abbiamo perso via via posizione . E oggi l’Italia   “si è avviata su un cammino di decadenza e di preclusione delle speranze”.  “Il pil non cresce da dieci anni, il reddito procapite italiano è fermo dall’inizio del duemila.  Le reti  infrastrutturali sono in gran parte al collasso, c’è un alto tasso di abbandono scolastico, del Sud non parla più nessuno, la giustizia non funziona, e il declino si vede anche nella qualità della classe politica che governa il paese. Nella legislatura che si è chiusa nel 1918 è stata la prima legislatura dell’Italia unita, quindi dal 1861 in poi, in cui i non laureati erano la maggioranza”. Una possibile via d’uscita? Per Galli della Loggia ci può essere soltanto  nella capacità che riuscirà ad avere il nostro paese di raccontarsi la verità. “Per l’Italia –ha detto- c’è bisogno di una operazione verità”.

Fara: Gli italiani sperano ognuno per proprio conto

Una posizione, quella di Galli della Loggia,  condivisa anche da Fara. “Noi dell’Eurispes –ha detto – la speranza l’abbiamo nella nostra sigla.  Io sono accusato di essere pessimista. Ma un pessimista è solo un ottimista ben informato”.  Il sociologo ha ricordato i vari ritratti che in questi ultimi anni sono emersi dai rapporti del suo Istituto: l’Italia, metafora di Gulliver, imbrigliato dai lacci; l’Italia, Casa di Oblomov , simbolo dell’indolenza; l’Italia, paese afflitto dalla sindrome del Palio, dove “ il fantino –ha ricordato – ha un obiettivo ben preciso: quello di non far vincere l’avversario”. “In un’altra occasione parlammo della dell’invidia –ha riferito- l’invidia che  è la grande malattia di questo paese. L’Italia non riesce a trasformare le sue potenzialità in energia. Se ci riuscisse darebbe dei punti a tutti”.  E se si è detto che la speranza deve essere un progetto comune, un sentire condiviso,  il presidente dell’Eurispes  ha sottolineato: “Gli italiani invece sperano ognuno per proprio conto”. “Condivido con Galli della Loggia – ha detto- l’idea che solo fare un’operazione verità può darci un futuro. Anche se penso – ha aggiunto- che raccontare la verità è difficile e che c’è chi non la vuole sentire”.

Giuli: “Per ora c’è solo una speranza contundente”

Ancora meno incline alla speranza ha detto di essere Giuli. “Noi stiamo vivendo –ha sottolineato- nella notte più cupa dell’età del ferro . Ma avendo una formazione tradizionalista – ha spiegato- io iscrivo tutto in una grande vicenda cosmica. Non mi trovo a mio agio in questo clima di decadenza e decomposizione”. Ma se immaginiamo come inevitabile la situazione attuale, come un dato di fatto, “non facciamo altro che perpetuarla”,  ha assicurato, ripercorrendo le tante fasi della storia, dalla  gloria di Roma alla sua fine, dall’Italia frammentata a quella nata dal Risorgimento a oggi, soffermandosi ad analizzare l’idea di spes e di fides prima nel mondo antico e poi in quello moderno. Quanto al presente, ha osservato, “sostenere che si è perduta la tenuta morale, fisica, finanziaria è accessorio, secondo me, rispetto a quella che è la potenza delle idee. Le idee ci sono. Non possiamo sapere quali generazioni si stanno affacciando in questo momento al mondo. E se questo ragionamento avessero fatto Garibaldi e i suoi contemporanei  probabilmente non ci sarebbe stato quel gran movimento di riunificazione che ha portato alla nascita dell’Italia. Se fosse stato fatto durante il Medioevo non ci sarebbe stato probabilmente il Rinascimento”. Tuttavia lo scenario oggi è questo: “non c’è speranza condivisa e siamo alla fase terminale di un ciclo biopolitico e probabilmente vivremo una condizione peggiori di questa”.  “C’è solo –ha detto- una speranza contundente, che vuole spazzare via la vecchia classe dirigente e una classe residuale che tifa per lo spread”. Che fare? “Ammettere la disgregazione, lo stato di decomposizione di un mondo, di una fase e prendere le misure di questa decomposizione, sapendo che bisogna incoraggiare lo slancio successivo”.

Carpinelli: “Da uomo di scienze sono uomo di speranze”

All’insegna di una visione decisamente più ottimista la posizione espressa dal rettore e fisico Carpinelli. “La speranza  -ha sottolineato- è una virtu’ che guarda al futuro. E chi fa lo scienziato e il rettore, e ha come compito quello della trasmissione del sapere,  deve avere fiducia  nei giovani.  Gli uomini di scienza devono essere uomini di speranza”. Bisogna, insomma, continuare a seminare ed entrare nel “respiro delle cose che si contraggono e si dilatano”, come ha sintetizzato Loquenzi. “Gli effetti certo –ha osservato Carpinelli- non li vedremo immediatamente , ma tra i ragazzi ci sono molte energie e l’università può fare molto nel costruire nuove elite della conoscenza, anche se è vero che oggi manca il contesto sociale e mi preoccupano certi segnali di disconoscimento della scienza. Penso che sia successo varie volte nel corso della storia, ma ogni volta che la scienza è stata messa in discussione non è andata bene”.

Odifreddi: Dobbiamo sperare ciò che possiamo realizzare

Per il grande matematico Odifreddi,  la speranza “è un desiderio” e non bisogna sperare ciò che non si può realizzare, altrimenti si scade nell’illusione.  “Le speranze –ha detto- devono essere realistiche e basate sulle previsioni. L’Italia, per esempio, -ha avvertito- non dovrebbe sperare di entrare nella hit parade dei paesi  più ricchi del mondo. Dove ci ha portato questo gioco? Gli ultimi dati ci dicono che l’1% del mondo possiede quanto il restante 99%. Con questa logica non si va da nessuna parte. Bisogna cambiare prospettiva”.  E a questo proposito Odifreddi ha citato il caso del Buthan, paese il cui sultano illuminato ha eliminato il Pil, sostituendolo con il Fil, che sta a indicare l’indice di felicità del suo popolo”.

Il Gran Maestro: Tanti alberi da soli possono fermare il vento…le speranze vanno condivise

Il microfono è passato poi per le conclusioni al Gran Maestro, tra gli ottimisti che oggi hanno parlato dal palcoscenico del Vascello, inondato di sole e circondato da una numerosissima platea. “Io ho speranze per l’Italia “, ha detto. “Speranze che mi arrivano dagli occhi dei tanti giovani, che ho incontrato, girando l’Italia. Giovani straordinari, che hanno dimostrato coraggio, determinazione, forza. Giovani che il Grande Oriente ha voluto premiare per la grande sensibilità, per i profondi valori in cui credono,  come i ragazzi di Guspini, cittadina della Sardegna, che hanno salvato la vita a un’anziana signora, come i ragazzi di Torre del Greco, che hanno fatto altrettanto con una loro professoressa, o i ragazzi, che hanno vissuto l’esperienza drammatica del terremoto in Centro Italia e hanno perso le loro case, il ritmo normale della loro vita e tuttavia hanno continuato a studiare, conquistando il massimo dei voti alla maturità…Come è possibile che quest’Italia vada avanti?  Facendo sistema. “Un albero da solo non può fermare il vento –ha detto Bisi- ma  tanti alberi sì. E anche quando tutto sembra che vada male, bisogna ritrovare il coraggio. Se si cade, ci si deve rialzare e correre. Andare oltre. Come abbiamo fatto noi del Grande Oriente. Ci hanno messo sotto attacco –ha aggiunto il Gran Maestro, ricordando i giorni dello scontro con la Commissione antimafia- ma noi non ci siamo arresi.  Resistere e rilanciare è quello che abbiamo fatto. Non abbiamo chiuso il nostro portone, ma lo abbiamo spalancato e oggi siamo più di prima e più forti di prima”.

 



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