Roma 30 novembre 2007 – (Adn kronos) Storia: ‘Avvenire’, fare della Breccia di Porta Pia festa Risorgimento. Il giornale della CEI rilancia la proposta della rivista di Andreotti.

“E’ cosa giusta che, per sano amor di patria, senza trionfalismi da una parte e con sincera letizia dall’altra, il 20 settembre venga proclamata festa nazionale del Risorgimento unitario”. Il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, “Avvenire”, rilancia la proposta del mensile “30Giorni”, diretto da Giulio Andreotti, di fare dell’anniversario della breccia di Porta Pia nel 1870 la giornata dell’Unità d’Italia.

“Per molto tempo la ferita fu più grande di quella “breccia” aperta dai bersaglieri nelle Mure Aureliane presso Porta Pia”, commenta il giornale cattolico. Con la conquista militare di Roma, il 20 settembre 1870, il governo nazionale completò l’unità d’Italia e pose fine al potere temporale del Papa. Ma si aprì subito una lacerante frattura tra Chiesa e Stato. L’allora pontefice, Pio IX, si dichiarò prigioniero dell’Italia e vietò ai cattolici di partecipare alla vita politica del Paese con il “Non expedit”. Soltanto nel 1929 i Patti Lateranensi risolsero la tormentata «questione romana».

A sostegno della proposta, “Avvenire” ha raccolto autorevoli pareri. Agostino Giovagno, ordinario di storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano, afferma, ad esempio, che “l’iniziativa ha se non altro il merito di provare a superare le recenti interpretazioni polemiche tra cattolici e Risorgimento con divaricazioni spesso ingiustificate”.
Secondo Danilo Veneruso, docente di storia contemporanea all’Università di Genova, la proposta è comprensibile: “C’è la volontà di togliere ogni strumentalizzazione politica ad un evento storico. Se l’iniziativa serve ad una maggiore integrazione del Paese ben venga. Non dimentichiamo però che la breccia di Porta Pia fu sin dall’inizio accettata anche da molti cattolici, i quali avevano compreso che l’unificazione dell’Italia non poteva essere più rimandata. Bisogna però riconoscere che dietro la conquista di Roma si nascondeva il proposito degli anticlericali di cancellare il tessuto sociale cristiano del nostro Paese”.

Sull’iniziativa, ovviamente, non tutti sono d’accordo tra gli intellettuali cattolici. La storica Angela Pellicciari è addirittura allibita: “Ritengo questa proposta scandalosa. Porta Pia è stata una pagina nera della storia della Chiesa e del popolo italiano in larghissima maggioranza cattolico. Fu la vittoria di una politica anticlericale che buttò per strada 57 mila membri degli ordini religiosi, soppressi in barba alla Costituzione “liberale”. Un manipolo di sedicenti liberali, non più dell’un per cento della popolazione italiana, ha fatto di tutto per distruggere la Chiesa”.

Il giornalista e scrittore Vittorio Messori taglia corto: “E’ stata una di quelle occasioni in cui il Dio cristiano sa scrivere dritto su righe storte. Perché guardandolo in una prospettiva storica quell’evento si può definire provvidenziale, come riconobbe Paolo VI. Ma per una questione di principio fecero bene ad opporsi Pio IX e gli altri pontefici fino al 1929: c’era da salvaguardare l’indipendenza della Chiesa se pur su un territorio piccolo”.

“La libertà politica è condizione indispensabile della libertà religiosa: il Pontefice non può essere un prigioniero dello Stato, un suddito. E il suo magistero – afferma Messori – non può essere condizionato dalla politica come per esempio lo fu ad Avignone. Il 20 settembre è una data importante, se pur dolorosa per la cristianità. Ma io abolirei il 25 aprile, una festa di parte, di liberazione dal totalitarismo nero, ma d’inizio del pericolo rosso. E proporrei come festa nazionale dell’unità italiana il 18 aprile 1948: la vittoria democristiana alle elezioni politiche ci salvò dall’incubo di Stalin, come riconoscono anche oggi i comunisti”.

(Adn kronos) 30 NO



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