Repubblica70 a Torre Pellice. Il Gran Maestro Bisi: “Con i Valdesi un percorso comune per una legge sulla libertà di coscienza”

L’Aula Sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice a stento ha contenuto il pubblico delle grandi occasioni, almeno 250 persone di cui quasi la metà non massoni, per il convegno organizzato dal Grande Oriente d’Italia e dalla Fondazione Centro Culturale Valdese.

Alla presenza dei sindaci di Torre Pellice e Villar Pellice e altre autorità si è svolto il primo incontro ufficiale di due realtà minoritarie ma significative nell’impegno quotidiano per la costante ricerca del miglioramento della nostra società.

Il convegno su Paolo Paschetto, autore dello stemma della Repubblica, è stato moderato con sagacia e autorevolezza da Renato Lavarini, presidente del Collegio Circoscrizionale dei MMVV del Piemonte e Valle d’Aosta, che inizialmente ha spiegato perché si è scelto Torre Pellice proprio alla vigilia del 2 giugno e ha citato i numerosi massoni presenti nell’Assemblea Costituente e nella Commissione dei 75.

La pastora Erika Tomassone ha portato come presidente del Centro Culturale Valdese i saluti ricordando l’importanza e la bellezza della nostra Carta Costituzionale, troppo sovente disattesa, e ha sottolineato la presenza fondante di 21 donne nella Costituente.

Daniele Jalla della Società di Studi Valdesi ha tracciato, sotto il famoso affresco della quercia, disegnato da suo nonno Paschetto, che decora con potenza l’emiciclo dell’Aula, la travagliata storia della nascita dello stemma.
Ha descritto sia il percorso intellettuale che ha portato al disegno conclusivo sia quello burocratico, percorso complicato anche dal fatto che Paschetto fosse un protestante.

A Marco Novarino dell’Università di Torino e direttore del Centro Studi per la Libera Muratoria l’incarico di affrontare il complesso tema dell’esame di alcuni articoli della Costituzione particolarmente discussi e discutibili, soprattutto in un periodo come il dopoguerra in un Paese lacerato e ferito dopo il ventennio fascista e sempre alle prese con le pesanti interferenze di Oltretevere.
Ha dunque esaminato il duro lavoro dei Padri e delle Madri Costituenti, come non sia presente il termine laicità come invece nella Costituzione francese dello stesso anno. E come proprio laicità, libertà religiosa e scuola siano invece i cardini su cui deve poggiare l’intero asse costituzionale, temi sui quali da sempre combattono contraddistinguendosi massoni e valdesi.

Citando valdesi importanti come Mario Piacentini, Giorgio Peyrot, Carlo Alberto Rollier, Giovanni Gonnet che hanno tentato sempre di portare una visione laica della società, si è soffermato sugli artt. 7 e 8 riguardanti la libertà religiosa e sugli artt. 33 e 34 sulla scuola, sottolineandone le criticità di allora che si riverberano ancora sul nostro quotidiano. Ha terminato il suo intervento con la citazione di un lucido passo di Piero Calamandrei. Hanno poi preso la parola per le conclusioni il Gran Maestro e il Moderatore della Tavola Valdese.

Stefano Bisi con la consueta pacata ma determinata fermezza, con la naturalezza e profondità dei suoi pensieri che lo contraddistinguono e lo fanno apprezzare non solo dalla Comunione dei Fratelli ma anche da chi si avvicina per la prima volta a un massone, ha spiegato che scegliere di essere a Torre Pellice il 1º giugno non è un caso.
“Nel corso del 2016 molte tappe sono state toccate in Italia per celebrare i 70 anni della Repubblica, da luoghi di crisi del lavoro come Piombino e Terni, da nord a sud, da luoghi di spiritualità come la moschea di Colle Val d’Elsa o come proprio Torre. Sempre per ribadire, come cittadini laici di questo Paese, il diritto di ognuno di esprimere non solo la propria fede ma anche avere la libertà di coscienza e di pensiero. È proprio partendo dalla scuola, il potersi conoscere e confrontarsi con realtà differenti sin da bambini che si potrà creare una società nuova, di rispetto reciproco. Dovremo cimentarci con una multiculturalità che potrà arricchirci, i massoni questo lo sanno bene, come conoscono l’importanza della solidarietà; non saranno i massoni a costruire muri, sono abituati a costruire ponti”.

Ha terminato auspicando che un percorso comune con i valdesi per una legge sulla libertà di coscienza abbia come degno suggello la data simbolo del 17 febbraio, cara ai massoni come ai valdesi (non importa se del 1600 quando salì al rogo Giordano Bruno o del 1848 quando vennero concessi i diritti civili a valdesi e ebrei).

Ha poi con generosità lasciato che concludesse i lavori Eugenio Bernardini, che ha esordito compiacendosi della sala stracolma, questa Aula pensata, progettata e voluta come luogo di confronto e dibattito.
Alla ricerca di quella che Giorgio Peyrot definì “la mente comune”, impossibile da ottenere se non ci si parla e ognuno tiene strette le proprie idee, come fossero le uniche buone.
Ha tranquillizzato una parte di valdesi che temono che in questo dialogo tra massoni e valdesi vi sia “qualcosa dietro”: nulla dietro, tanto davanti, storia, reciprocità come differenze e distinzioni. Nessun interesse di bottega, tutto davanti all’onore del giorno, cercando con trasparenza il confronto senza paura di contaminarsi perché dopo 70 anni manca ancora “la mente comune”.
Che fare insieme? Impegnarsi secondo caratteristiche e specificità insieme a tanti altri, cercare una casa comune senza pregiudizi e paure, con trasparenza, questa sí un dovere per uno stato democratico, e cultura. Contro i sacerdoti della menzogna, massoni e valdesi hanno tradizioni di confronto e rispetto reciproco, sanno che non si risolvono i problemi alimentando pregiudizi e paure.

Ha accennato a quanto la chiesa valdese fa con la comunità di Sant’Egidio per aprire corridoi umanitari per i profughi, azione che il Presidente della Repubblica conosce e apprezza. Insieme dovremo dunque creare una casa comune rispettosa delle differenze culturali, spirituali e religiose; creare una nuova laicità ove ognuno si senta a proprio agio, in Italia e in Europa. La nostra è una sfida comune nel portare avanti il progetto per una legge per la libertà di religione e di coscienza: il mondo politico esita mentre quello che si chiede a chi ci governa è osare.

Le conclusioni di questo splendido convegno che ha lasciato il pubblico entusiasta sono l’auspicio che i due rami dello stemma d’Italia disegnato da Paolo Paschetto, quercia e ulivo, simboleggino un grande abbraccio.
di Danilo Mouglia



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